domenica 26 giugno 2016

GUFI IN TRIBUNALE, DALL’OTTOCENTO A ZEROCALCARE


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È da qualche giorno in programmazione, nei cinema, il film di animazione Angry Birds, produzione finlandese-americana da cui prendiamo spunto perché contiene una divertente sequenza processuale.

Quello riprodotto qui sopra è un giudice-gufo, che nell’originale si chiama Judge Peckinpah e che viene presentato come personaggio tronfio e vanitoso, tanto da camminare sulle spalle di un altro uccello per sembrare più alto, nascondendo il trucco sotto la toga.


Per di più il Nostro è anche un perfetto idiota, perché quando l’isola degli uccelli viene invasa da una tribù di strani maialini verdi, che fingono di venire in pace, il giudice ignora ostentatamente il pericolo, mentre solo Red, l’uccello precedentemente condannato, capisce ciò che sta accadendo e cerca di organizzare la resistenza.
Perché, ancora una volta, il giudice è rappresentato come un gufo? Abbiamo già detto, in un paio di post di questo blog (e precisamente qui e qui) che, nei fumetti Disney, l’uccello notturno appare numerosissime volte. Eccone alcuni esempi, per lo più tratti dalla produzione italiana:



©Disney

Ma che il giudice fosse come un gufo, lo aveva sostenuto anche una poetessa americana dell’Ottocento, ben prima che i fumetti fossero inventati.


Naturalmente si può inserire un gufo in un fumetto senza tirare in ballo giudici o avvocati; ecco qui una pagina tratta da La profezia dell’armadillo, l’opera che ha rivelato al mondo il genio di Michele Rech, in arte “Zerocalcare”.

© Michele Rech

Il gufo, storicamente, rappresenta la saggezza, ma è anche simbolo di misteri esoterici; in questo senso, nella “Iconologia” di Filippo Pistrucci, del 1819, compare con questa immagine nel capitolo su “Astrologia e superstizione”.

E concludiamo tornando al fumetto, con una carrellata di comic book cover, tutte simpaticamente gufesche, anche senza tirare in ballo le aule di giustizia.

©Marvel

©DC



lunedì 20 giugno 2016

Giudici-Scrittori: Intervista a ROBERTA GALLEGO

Se il fumetto è una forma di letteratura, è giusto ogni tanto parlare anche di letteratura “tradizionale”, quella che, ahilei, non usa immagini ma solo parole. Ecco allora un ciclo di interviste a scrittori che sono anche operatori del diritto. Cominciamo con Roberta Gallego, magistrato a Belluno.


<<Spesso i giudici-scrittori sono accusati di scrivere troppo e giudicare poco. Tu come concili le due attività?

Scrivo di sera, guardo pochissima televisione; sono giunta alla conclusione che per fare il magistrato ho bisogno di luce, per scrivere libri devo stare al buio.
Peraltro, facendo il pubblico ministero, come magistrato ho scelto di non giudicare, e mi piace non giudicare anche come scrittrice.

Sinora tutti i tuoi romanzi fanno parte del medesimo ciclo, le "Storie di una procura imperfetta". Non temi che questa scelta ti faccia apparire come una scrittrice "di genere" (nel tuo caso, il legal thriller) anziché come una Scrittrice tout court?

E' vero, il rischio è alto, ma oggi non incappare in un'etichetta sociale è quasi impossibile. Bisogna poi sapersele scrollare di dosso. O sfruttarle per sbilanciare l'interlocutore, seduto sulla propria pigrizia.

I tuoi romanzi sono ambientati ad Ardese, località immaginaria del Piemonte. C'è un luogo reale a cui ti sei ispirata? E non c'è il rischio, visto che lo Stato italiano taglia le sedi giudiziarie, che anche il tribunale di Ardese possa essere soppresso?

Non c'è un luogo reale di diretta ispirazione, c'è il realismo delle situazioni periferiche del sistema giustizia che conosco bene. Ardese non può essere soppressa, gode di alte protezioni!

Nel primo romanzo della serie, l'intera Procura di Ardese si ferma quando il parente di un cancelliere porta mozzarelle fresche dalla Puglia dando vita ad un commercio abusivo nei sotterranei del Palazzo di giustizia. Nel terzo, un sostituto procuratore affida il cellulare di servizio al titolare di una pizzeria d'asporto.  Qualcuno si è mai risentito per queste situazioni surreali?  

Il potere della creatività non coincide con la creatività al potere, della seconda ci si deve preoccupare. Probabilmente alcune ostentate indifferenze che annuso nei pressi di colleghi derivano dal disagio che questo tipo di aneddotica genera. Sono consapevole che gli episodi narrativi di questo tipo disturbino l'immagine di una magistratura immacolata ed arroccata dietro la retorica austera della sua infallibilità, ma se si interpretano come una pennellata di non sense quotidiano, che rallegra e umanizza il vissuto dei miei personaggi, questi aneddoti aiutano a riconciliarsi con la categoria dei magistrati, per la quale non a caso nessuno prova più empatia.

Quindi, le mozzarelle…

Non sono le mozzarelle abusive ad essere inappropriate, lo è un sistema di paramenti, autocelebrativo e permaloso, che per ingravescente miopia vede le mozzarelle come la minaccia di macchiarsi la toga con la normalità.

Sempre nel terzo romanzo, "Il sonno della cicala", ci sono due riferimenti fumettistici. Uno è alle tasche di Eta Beta, che però sono ormai un luogo comune  come la coperta di Linus.


Poi c'è un personaggio che definisci "ritagliato postumo da una pagina di Lanciostory". Allora sei una lettrice di fumetti? Ed esattamente, cosa intendevi dire con questa definizione?

Ho consumato un sacco di Lanciostory, e forse ancora di più "Il Monello" e "Skorpio"; a quindici anni ho venduto una collezione di Diabolik per acquistare un saxofono usato che non ho mai imparato a suonare. Il fumetto mi ha sempre accompagnato: Mafalda, Nilus, Sturmtuppen. L'allusione a Lanciostory è un omaggio a quei ritratti intensi e perfetti di volti segnati, dallo sguardo perso nelle proprie consapevolezze, che recupero alla memoria quando penso a queste riviste.
          


  
Pensi che potresti, un giorno, lavorare su una sceneggiatura per un graphic novel, anziché scrivere un romanzo "tradizionale"? E chi sceglieresti come disegnatore?

Oggi il fumetto è un panorama che non frequento, soprattutto dopo l'avvento dei Manga. Se scegliessi di affidare un racconto a questa arte visiva, mi piacerebbe vederlo rappresentare da una penna elegante e attenta al dettaglio, come quella di Walter Trono>>.


Che altro aggiungere? I romanzi di Roberta Gallego sono geniali perché, pur costruiti su una solida trama noir, stemperano la tensione con tocchi di umorismo semplicemente irresistibili. Chi è interessato ai tecnicismi della giustizia, troverà riferimenti "professionali" al tema. E anche chi detesta i magistrati tronfi e arroganti, troverà pane per i suoi denti.
E se Walter Trono volesse provare a contattare Roberta Gallego, potrebbe nascere il primo graphic novel giudiziario italiano...


Per acquistare su IBS i libri di Roberta Gallego:

Per altre intervista alla scrittrice disponibili in rete



giovedì 9 giugno 2016

Cos'è davvero la CULTURA POP (con l'apparizione di Arcibaldo e Petronilla)


È terminata da poco la sesta edizione di ETNACOMICS, manifestazione un tempo dedicata al fumetto, poi divenuta anche “Festival della cultura pop”.


Se gli organizzatori gongolano per i biglietti venduti, non tutti gli appassionati di fumetto “puro” sono contenti. Cosa avrà a che fare col fumetto, inteso come forma narrativa, quel mondo di ragazzini in costume, di appassionati di videogiochi, di gente pronta a comperare il modellino di un’astronave ma incapace di leggere una storia?
Il fatto è che tutto ciò costituisce appunto cultura pop.
Una volta ad essere definita pop era solo la musica.


Ma poi un certo Roy Lichtenstein prese a dipingere quadri che si ispiravano ai fumetti e nacque la Pop Art.


Era una cosa serissima la filosofia, ma oggi abbiamo il festival di Pop-sophia.


Oppure questo libro, che introduce la filosofia attraverso la cultura pop.


I rimandi al fumetto, quando c’è di mezzo la cultura pop, non mancano mai; infatti la copertina del libro richiama il gesto iconico di tale Clark Kent, quando si trasforma in Superman.
Anche il diritto diventa pop quando, in Italia, i testimoni si rivolgono al giudice dicendo “Vostro Onore” perché imbevuti di telefilm americani, dal classico Perry Mason ai suoi epigoni contemporanei.
È pop la giustizia mostrata in film come questi, che certo non intendevano mostrare l’aspetto serioso della legge.


Insomma, il pop va alla grandissima in questo momento storico; ma non è poi una grande novità.
Sin da quando è nata la cultura di massa, i suoi nuovi linguaggi (fumetti, cinema, grafica pubblicitaria) si sono ibridati tra di loro ed hanno contaminato i linguaggi classici, come la letteratura, la pittura, il teatro.
Prendiamo un personaggio dei fumetti nato addirittura nel 1913, oltre cento anni fa: Arcibaldo e Petronilla (in America, Jiggs and Maggie).


Protagonisti di una serie di tavole domenicali sui giornali quotidiani (in realtà la serie si intitolava Bringing Up Father), i due simpatici personaggi trasmigrano ben presto in teatro, al cinema, alla radio; già nei primi anni Dieci, il successo popolare di un personaggio impone una transumanza da un linguaggio all’altro. E’ lo schema della cultura pop. Anche se all’epoca non lo sapevano ancora.
E finanche in Italia, dove il personaggio non ha avuto il successo degli Stati Uniti, ecco un prodotto derivato: uno spartito musicale con il nostro Arcibaldo, datato 1940.



In una storia pubblicata sulla rivista Eureka in anni lontani, anche Arcibaldo, come quasi tutti i personaggi dei fumetti, finisce davanti al giudice. La vicenda è risolta però in un’unica vignetta, e del prode magistrato vediamo si è no la nuca, senza particolari approfondimenti giuridici.


Molto più interessante, sotto il profilo che ci interessa in questo blog,  doveva essere il film Jiggs and Maggie in Court, del 1948, mai distribuito da noi e difficile da reperire anche via Internet. Qui si vede solo il trailer:


Nel film comparve l’autore del fumetto, George McManus, as himself; la parte di Arcibaldo è sostenuta dall’attore Joe Yule, sconosciuto da noi, padre di Mickey Rooney.


Insomma, è da molti anni che si fanno film tratti da personaggi dei fumetti, anche se tanti pensano che la moda sia iniziata negli ultimi anni con i film dei supereroi.


Tutto ciò è molto Pop, ma la questione l’abbiamo solo sfiorata e dovremo certamente tornarci su una volta o l’altra.

giovedì 2 giugno 2016

l'ALMANACCO, da Giacomo Leopardi a Walt Disney


È una parola decisamente buffa; è stata familiare a generazioni di ragazzi e di adulti; oggi è un po’ in disuso, forse perché troppo lunga per entrare sullo schermo dello smartphone.
Nell’antichità, gli almanacchi avevano più o meno questo aspetto.


Celeberrimo il dialogo tra un venditore d'almanacchi ed un passeggere, una delle operette morali di Giacomo Leopardi.


Non sapremmo dire quando il termine si allarga anche a pubblicazioni di tipo diverso; certo è che ci sono stati almanacchi di ogni tipo.


Celebre l’Almanacco letterario, fondato nel 1929. Qui sotto la copertina del volume del 1933, disegnata da Bruno Angoletta, un autore che abbiamo già citato qui


E’ opinione comune che il volume del 1963, intitolato “La civiltà della immagine”, con interventi di Umberto Eco ed altri, abbia molto contribuito a dare al fumetto un prestigio culturale sino ad allora sconosciuto. Ecco una pubblicità dell'epoca:


Ad un certo punto, moltissime testate a fumetti prendono il nome di Almanacco; ecco un esempio disneiano, con splendida copertina di Antonio Rubino:


Anche la rivista Linus realizzava celebri almanacchi; in quello qui sotto protagonista è Jeff Hawke, un personaggio le cui storie sono ricche di spunti giuridici.


La tradizione degli almanacchi è stata alimentata da altri editori; ecco qui una splendida copertina di Sebastiano Craveri.


La Bonelli usa ancora oggi questo nome per le sue pubblicazioni, come dimostra l'Almanacco della Paura di Dylan Dog:


Ci sono anche Almanacchi del calcio antichi e moderni:



Curiosamente, in inglese si dice quasi alla stessa maniera.
Sembra una traduzione maccheronica, ma non è così. Ecco un paio di esempi, uno dei quali ci porta, ancora una volta, nel mondo del fumetto.



Cosa c’entra tutto questo con il mondo giudiziario, oggetto di questo blog? C’entra se prendiamo questo vecchio Almanacco Topolino del 1976.


All’interno troviamo una simpatica storia americana di Carl Fallberg e Richard Moore, in cui il Lupo cattivo (da noi noto come Ezechiele Lupo) deve meritarsi una eredità. Così, per una volta, visto che spesso parliamo di giudice a fumetti, mostriamo in un colpo solo non uno, ma tre avvocati. Come spesso accade nelle storie a fumetti di genere umoristico, ad un legale sono attribuite caratteristiche fisiognomiche ben precise, una delle quali porta alla tipica furbizia avvocatesca.



A proposito, questa stessa storia è stata pubblicata anche in Brasile, e guardate che nome ha in questo caso la pubblicazione:


Se, nel mondo disney, il giudice è quasi sempre un gufo, più o meno saggio, l’avvocato può corrispondere a vari animali antropomorfi, spesso caratterizzati da aspetto furbastro, come il Gionatiscagiona ideato da Andrea Castellan e disegnato da Alessandro Perina.


Ed anche questo post è concluso.

“Bisognano, signore, almanacchi?”