venerdì 31 luglio 2015

La legge è uguale per tutti?

E' nota la scritta che campeggia in tutte le aule di giustizia italiane: “La legge è uguale per tutti”.
Nelle rappresentazioni grafiche questo avviso si presta a facili ironie, potendo essere modificato o distorto con effetti comici notevoli.
Facile affermare che la legge è “quasi” uguale per tutti; sembrerebbe una vignetta banale, questa qui sotto, se non fosse che, a pubblicarla sulla rivista Il becco giallo negli anni del fascismo, gli autori correvano qualche rischio per la propria incolumità.


Un balzo ai tempi moderni.  
Paolo Bacilieri, nella storia "The Super Maso attitude£, del 1996, mostra il dibattimento in Corte d'Assise a carico di un imputato (ispirato al vero Pietro Maso, un giovane che uccise i genitori per intascare l'eredità). Il tutto è compendiato in due tavole; nella prima, un Presidente con le fattezze della Cosa invita gli imputati a rendere eventuali dichiarazioni spontaee, sotto un cartello che avvisa "La legge è banana per tutti".
Curiosa la scelta di Benito Jacovitti, Maestro del fumetto italiano, di inserire la scritta “La legge quasi quasi è uguale per tutti” non in un’aula, ma nella stanza di un commissario di polizia. La vignetta fa parte di un "Don Chisciotte" apparso a puntate su Il Vittorioso nel 1950.


Un tentativo interessante di fare ironia su magistrati e non solo, è quello compiuto da due avvocati di Perugia, Lucio Annibali e Giampiero Tirabassi, che nel 1973 pubblicarono il volume intitolato, appunto, “La legge è uguale per tutti”, ma con la simpatica aggiunta di un sottotitolo: “Salvo complicazioni". Un raro esempio di umorismo grafico da parte del mondo forense, anche se composto da testi illustrati e vignette, più che da fumetti veri e propri.
Qui di seguito la copertina del volume, e la pagina di presentazione del giudice; altre vignette interne sono dedicate ad avvocati, cancellieri, periti, testimoni, e tutta la fauna che ruota intorno all’amministrazione della Giustizia.



Naturalmente, si può fare ironia sull’uguaglianza della legge anche senza disegni e vignette. Nel romanzo “Il Pretore” di Carlo Picchio, pubblicato postumo nel 1994, ma ambientato nel 1909, il degrado della scritta in questione simboleggia lo sfacelo della giustizia, che prelude al crollo morale del protagonista.

In un saggio del giornalista Carlo Vulpio, molto più recente, il crollo fisico del cartello, nel bel mezzo della lettura di una sentenza di assoluzione, conferma plasticamente una sensazione di sconfitta.

E chiudiamo in allegria con Emilio Giannelli, vignettista del Corriere della Sera.


venerdì 24 luglio 2015

Riscoperte/ Vita e morte del brigante Bobini, di Guccini & Rubino


La scena processuale qui riprodotta è tratta dal libro a fumetti “Vita e morte del brigante Bobini detto Gnicche”, edito dalla casa editrice Lato Side  nel 1980. Il libro oggi è di difficile reperibilità anche sul mercato del collezionismo, ma è decisamente interessante per chi abbia voglia di andare a caccia di cose vecchie, rare e curiose.


Sotto il profilo editoriale, si tratta di un graphic novel ante litteram, pubblicato da una casa editrice non specializzata, in una collana per lo più dedicata alla musica, e in anni in cui i libri a fumetti con creazioni originali (cioè non ristampe di opere già apparse in riviste o periodici, o con personaggi già noti) erano decisamente merce rara.

Dal punto di vista degli autori, ai testi troviamo il cantautore-poeta Francesco Guccini, nell’unico volume originale che lo accredita come sceneggiatore. In precedenza era apparsa in libro la raccolta “Storie dello spazio profondo”, con disegni di Bonvi, ma si trattava di ristampe di storie già edite sulla rivista “Psyco”; altre sue creazioni fumettistiche erano rimaste confinate alle riviste-contenitore o addirittura anonime, come le collaborazioni ai testi delle Sturmtruppen di Bonvi e dello Sconosciuto di Magnus.
Ai disegni troviamo il veronese Francesco Rubino, già collaboratore di Milo Manara quando questi, a inizio carriera, disegnava Jolanda de Almaviva. Rubino, all’epoca ancora in cerca di un segno grafico personale, in seguito pubblicò, come autore unico, varie storie su riviste italiane (“Corto Maltese”) e francesi (“A suivre”), per poi dedicarsi alla scenografia teatrale e, da ultimo, alla scultura (due sue realizzazioni sono ora esposte all’Expo di Milano).

Francesco Guccini parlò molto di quest’opera in una intervista apparsa nel 1984 sul n. 21 della fanzine “Fumo di china” (da non confondere con la omonima rivista ora in edicola, che ha ricominciato la numerazione dal n. 1 nel 1990). Spiegò, tra l’altro, che la storia avrebbe dovuto essere l’inizio di un ciclo sui briganti (fenomeno che in genere si associa al Sud Italia ed alla questione meridionale, mentre il Bobini operò in Toscana); e che, nello sceneggiarla, aveva perseguito un rigoroso realismo, tanto da chiedere al disegnatore di documentarsi affinché le pistole mostrate nelle mani dei Carabinieri fossero le “Glisenti” realmente in dotazione.

Rubino invece non aveva mai raccontato, in interviste o interventi pubblici, il suo lavoro con Guccini. Contattato appositamente per la redazione di questo post, ha ricordato che la collaborazione con il cantautore fu “fantastica”; che l’opera richiese tre anni di lavoro; che Hugo Pratt, il creatore del personaggio Corto Maltese, vide il libro e criticò la sceneggiatura di Guccini, preannunciando l’intenzione di scrivere a sua volta una storia sui briganti; progetto che poi non andò mai in porto.
Soprattutto, ha chiarito che la struttura originaria della storia prevedeva tre strisce per tavola, e fu mutilata dalla redazione della Lato Side, che la adattò al formato tascabile con un rimontaggio spesso arbitrario.

Grazie alla gentilissima collaborazione del Maestro Rubino, siamo in grado di mostrare la tavola originale con la scena processuale, così come disegnata dall’artista, e la sceneggiatura di Guccini relativa alla stessa pagina.



Crediamo sia la prima volta che il modo di lavorare del Guccini  sceneggiatore è reso noto pubblicamente, con tanto di disegnino finalizzato a dare, al disegnatore, una idea del layout della pagina.
Possiamo notare che lo sceneggiatore chiede al disegnatore di mostrare un “giudice che sta pronunciando un’infuocata arringa” (e dunque, in realtà, un pubblico ministero, che volendo essere pignoli pronuncia una “requisitoria”). Alle spalle, lo scrittore chiede che sia visibile la scritta “La legge è uguale per tutti”; e qui potrebbe esserci anche un errore storico, perché le fonti non sono chiare nell’attestare l’origine di questa dicitura, che si trova in tutti i tribunali italiani ma in effetti, stando all’archivio legislativo gestito dalla Centro elaborazione dati della Corte di cassazione, non è prevista da alcuna norma di legge.
Speriamo che in futuro l’opera possa vedere nuovamente la luce nel formato originale.

E ora, come sempre, un po’ di link:
La pagina ufficiale di Francesco Rubino:

Sull’opera di Francesco Guccini:

Una intervista recente di Guccini sui fumetti e sulla collaborazione con Rubino:

Sulla vera storia del brigante Bobini:

lunedì 20 luglio 2015

Recensioni/ IL RAZZISMO NEI FUMETTI, di Alessandro Bottero




Arriverà tra breve nelle librerie, edito da Nicola Pesce, il bel saggio di Alessandro Bottero IL RAZZISMO NEI FUMETTI. Opera meritoria sia perché aggrega dati spesso poco conosciuti, o mal riportati nei testi di storia del fumetto, intorno al tema prescelto (che è poi la stessa filosofia che ha ispirato il progetto GIUSTIZIA A STRISCE); sia perché lo fa partendo da una questione di alto valore sociale e morale.
Il testo limita l’attenzione al tema del fumetto statunitense (in particolare quello dei comic book) ed al problema del razzismo nella società a stelle e strisce. L’analisi della produzione fumettistica, quindi, si intreccia con una storia che, in fondo, tutti noi sentiamo vicina: quella delle marce dei diritti civili, di Martin Luther King, di Rosa Park che rifiuta di cedere il posto ad un bianco sull’autobus, delle sentenze della Corte Suprema che ebbero il coraggio di smantellare meccanismi di segregazione razziale, in specie verso i Neri, ancora esistenti sino agli anni Sessanta.

In questo contesto, il libro fornisce una quantità sorprendente di dati spesso ignoti anche agli appassionati, e reperibili solo con complicate ricerche sulle banche dati di Internet. Identifica ad esempio il primo fumettista di colore (E.C. Stoner, 1897/1969); la prima fumettista di colore donna (Jackie Ormes, 1911/1985); il primo personaggio di colore titolare di una testata (non Luke Cage della Marvel, come si pensa di solito, ma un certo LOBO, che nel 1965 apparve in edicola con sole due uscite); la prima collana dedicata specificamente ad un pubblico di lettori di colore (ne uscirà però un solo numero, nel 1947, sotto l’evocativo titolo di “All Negro Comics”).

Il razzismo e l’antirazzismo diventano, nel testo di Bottero, anche un modo per andare controcorrente e dare, ad eventi già noti, una chiave di lettura diversa. Ad esempio, si ritiene di solito che la casa editrice EC, negli anni Cinquanta, chiuse le proprie serie di albi a seguito di una inchiesta del Senato americano, ostile ai fumetti dell’orrore che ne avevano decretato il successo. Sostiene invece Bottero che l’inchiesta si concluse di fatto con una assoluzione, e che a volere il famigerato Comics Code, l’organo di autocensura che per decenni applicherà un bollino di “garanzia morale” sulle copertine degli albi, furono gli altri editori, DC in testa, per fare fuori dal mercato la EC, rea di aver pubblicato memorabili storie antirazziste.


A proposito dell'Autorità che accordava il bollino, nel libro si ricorda la figura del giudice Charles Murphy, che ne fu il presidente, ed al quale si attribuisce una mentalità estremamente limitata, tanto da aver voluto censurare una storia della EC (“Judgement Day”, di Al Feldstein e Joe Orlando) che esprimeva rispetto e solidarietà verso gli afroamericani. 
Narra Bottero che Bill Gaines in persona, l’editore della EC, si tolse prima la soddisfazione di mandare il Giudice <<a farsi f***ere>>, per poi ammainare bandiera e chiudere del tutto la linea di propri albi a fumetti (o almeno dei pochi sopravvissuti alla “caccia alle streghe”).
Si tratta dell’unico magistrato citato nel volume.

Noi, che di giudici apertamente razzisti ne abbiamo trovato tanti nella nostra ricerca (a dimostrazione del fatto che amministrare giustizia non ha nulla a che vedere con incarnare la Giustizia), approfittiamo dell’omaggio a Bottero per riprodurre le immagini di due delle storie in questione che, nel volume GIUSTIZIA A STRISCE, non hanno potuto trovar spazio.
Qui di seguito, vediamo un giudice bianco che si rifiuta di escutere un testimone nativo americano; la sequenza è tratta dalla serie di Red Wolf, un personaggio western della Marvel noto anche da noi e citato anche da Bottero.


  © Marvel Comics

Il tema della giustizia bianca che si rifiuta di tutelare i rossi, quando questi hanno subito reati per mano di altri bianchi, è un classico della narrativa western; uno spunto simile è alla base anche di una celeberrima storia di Tex, “Sangue navajo”, opera di G.L. Bonelli & Galep.
Qui di seguito, da  Lanciostory n. 12 del 2007,  “La legge del giudice Brighton” (testi di Manuel Morini, disegni di Alberto Caliva), che esplora un periodo storico poco noto. Un giudice tronfio e presuntuoso prende possesso della sua sede di servizio in una colonia degli Stati Uniti. Siamo nel 1620, nella piccola cittadina di Clairville; anglosassoni e nativi vivono in promiscuità, e la cosa indigna il magistrato, che crede nella purezza etnica ed imbastisce contro un indiano un processo-farsa, condannandolo per un reato mai commesso. 


© Lanciostory - Editoriale Eura

Per leggere in inglese la storia “Judgement Day”, di Al Feldstein e Joe Orlando:
Le storiche edizioni della EC sono ora finalmente rieditate cronologicamente dalla Editoriale 001:

Alessandro Bottero gestisce un proprio sito, che trovate qui:


E qui, invece, la pagine di Nicola Pesce Editore:

sabato 18 luglio 2015

ASSEGNATO IL PREMIO FRANCO FOSSATI 2015

Il catalogo della mostra GIUSTIZIA A STRISCE era candidato al Premio Franco Fossati per la saggistica sul fumetto; ma, poiché il premio ieri è stato attribuito al volume RINO ALBERTARELLI, ci sembra giusto mostrare rispetto ed ammirazione, in spirito alla De Coubertin, per i rivali vincitori.




Complimenti quindi a Silvio Costa, Paolo Gallinari, Luigi Marcianò e Luciano Tamagnini, curatori del volume edito dall’ANAFI.

Rino Albertarelli iniziò a disegnare fumetti nell’anteguerra, e dunque non è notissimo a lettori “moderni”; ma chi leggeva Tex o Zagor negli anni Settanta, ricorderà l’improvviso apparire, sulla quarta di copertina degli albi, di una strana pubblicità: questa.



Al di là dell’interessante discorso sul western della realtà contrapposto a quello della fantasia, l’interesse della operazione fu nella pubblicazione, da parte della Bonelli, di volumi molto più ambiziosi rispetto ai soliti albi da edicola; e nel ritorno al fumetto di Albertarelli, appunto, che dopo la guerra si era dedicato quasi solo alla illustrazione. La collana “i protagonisti” fu il suo ultimo lavoro.
Nel 1991, alcune delle sue migliori illustrazioni western furono raccolte in un bel volume: KIT CARSON E DINTORNI. IL WEST DI RINO ALBERTARELLI, a cura di Andrea Bosco, con una toccante introduzione di Sergio Bonelli. 



Ne riproduciamo una immagine, intitolata “Esecuzione avvenuta”.


Nella didascalia si afferma che <<La legge veniva sbrigata frettolosamente>>, in quanto, nel Lontano Ovest, <<non esisteva per miglia né uno sceriffo, né un giudice>>.
In realtà, come abbiamo detto anche nel post precedente, e come si spiega nel Catalogo della mostra “Giustizia a strisce”, non è che la presenza dei giudici cambiasse molto le cose, circa i risultati dei processi. Ma questo è quanto raccontano film e fumetti; un serio studio sull’amministrazione della giustizia in quei territori, non ci risulta pubblicato, almeno in lingua italiana.




Il Premio Franco Fossati è assegnato dall’omonima Fondazione; per informazioni in merito, e per la lista dei candidati di quest’anno, vedi qui:

giovedì 16 luglio 2015

Giustizia in mutande: la ESSEGESSE ed Alan Mistero

Tanti anni fa, tre giovani autori piemontesi decisero di unire le forze e di realizzare fumetti a livello professionale. Con le iniziali dei cognomi crearono una sigla, ed ecco che, da Giovanni Sinchetto, Pietro Sartoris e Dario Guzzon, venne fuori la ESSEGESSE.
Dopo aver realizzato i soli disegni di Kinowa, un giustiziere ideato da Andrea Lavezzolo, il trio creò personaggi entrati nell’immaginario collettivo di più generazioni, come Capitan Miki, Blek, il Comandante Mark.
Da molti anni questi personaggi non sono più stampati; ma ci fu un momento in cui Miki vendeva il doppio di Tex, che è ancora in edicola…

Alan Mistero è una creazione minore della ESSEGESSE, nata dal fallito tentativo di essere editori di se stessi; ma lo citiamo per una gustosa sequenza processuale, segnalataci da Sauro Pennacchioli e non citata nel catalogo della mostra GIUSTIZIA A STRISCE.




Il tema è piuttosto ricorrente: il giudice è inutilmente severo; la decisione di condannare a morte viene e assunta senza nemmeno riflettere, e con l’urgenza di una pausa “alcolica” (situazione tipica del fumetto western); il solo modo di assicurare giustizia ad un imputato innocente è che l’eroe conduca una indagine “parallela”. Mutatis mutandis, siamo nei territori della celeberrima storia disneiana “Topolino e i due ladri”, in cui Mickey Mouse si deve spingere tra le nevi del Nord America per scagionare Orazio, mentre l’amico rischia la vita in un ingiusto processo.
Abbiamo già notato, nel catalogo della mostra, come il fumetto western offra più spesso giudici abietti che non validi amministratori della giustizia.
In questo caso, poi, l’effetto comico è accresciuto dall’aspetto repellente del magistrato (non a caso definito, da uno dei personaggi, una “iena”) e dal suo ritrovarsi in mutande, degno contrappasso per la boria e prosopopea di chi gioca con la vita altrui.

Infine ricordiamo che ancora oggi, sebbene i membri della ESSEGESSE disegnino ormai nei verdi pascoli del cielo, molti collezionisti si dedicano al loro ricordo ed alla valorizzazione della loro opera; tra questi va ricordato Pasquale Iozzino, autore di molti articoli e volumi sull’argomento.




venerdì 10 luglio 2015

GIUSTIZIA DI NOTTE N. 2 (ovvero: Un giorno in Pretura)

In uno dei commenti al post “Giustizia di notte n. 1”, dedicato alle Corti Notturne che operano negli Stati Uniti, lo sceneggiatore Sauro Pennacchioli, ideatore del personaggio a fumetti Ronny Balboa, ha confidato di aver attinto, nella creazione del personaggio, oltre al testo giuridico citato nel catalogo GIUSTIZIA A STRISCE, anche alla serie di telefilm intitolata appunto “Night Court”.



Ha inoltre osservato che nella serie, nota da noi come “Giudice di notte”, si trattavano <<cause minori, da pretura>>.
Il termine “Pretore” rischia di diventare ignoto ai giovani italiani, perché questa gloriosa figura di magistrato monocratico (che nel nome si ricollega al praetor, una magistratura dell’antica Roma istituita nel 367 a.C.) è stata soppressa in Italia nell’ormai lontano 1999, e sopravvive solo nel Canton Ticino.
Nonostante la sua importanza nella storia giudiziaria italiana (dove trattava affari apparentemente minori, ma aveva acquisito in realtà un ruolo fondamentale, specie al tempo dei cosiddetti “pretori d’assalto”), non abbiamo trovato, nel preparare la mostra GIUSTIZIA A STRISCE, un fumetto italiano che riproducesse specificamente un pretore, e non un Tribunale collegiale o un generico magistrato indistinto. Saremo grati, quindi, ad ogni segnalazione.
(Fa eccezione il pretore Merdicchione, protagonista del romanzo di Piero Chiara "Vedrò Singapore", trasposto a fumetti da Walter Chendi; a quest'opera e a quest'autore dedicheremo un post più specifico)
Notevole è invece, la presenza del Pretore nella narrativa e nella memorialistica giudiziaria.
Qui sotto mostriamo a titolo di esempio: "Il pretore di Cuvio" del già citato Piero Chiara; "Storia di un pretore" di Romano Canosa; "Il pretore" di Carlo Picchio.






Nel cinema, indimenticato è il capolavoro di Steno “Un giorno in Pretura”, dal quale discende anche il titolo di una trasmissione televisiva della Rai, che propone le riprese filmate di noti processi.




Qualcuno attribuisce una certa importanza anche a “La pretora”, film del genere sexy in voga negli anni Settanta, al quale viene riconosciuto il merito di aver mostrato, per la prima volta nel cinema italiano, un magistrato dell’altra metà del cielo.

martedì 7 luglio 2015

Grazie a Luca Raffaelli ed a LANCIOSTORY

Un pubblico ringraziamento a Luca Raffaelli, storico e saggista del fumetto, giornalista e scrittore, che nella sua rubrica sulla benemerita rivista “Lanciostory” della Editoriale Aurea, ha recensito benevolmente il catalogo della mostra GIUSTIZIA A STRISCE – RAPPRESENTAZIONI DEI GIUDICI NEL MONDO DEL FUMETTO.
Altre recensioni erano apparse qua e là, ma questa è certamente la più completa; l’estensore ha letto il libro e ne ha tratto varie citazioni, muovendo anche qualche appunto, come è giusto che sia.
La presentazione ha avuto inizio  sul n. 25 della settimana scorsa; qui di seguito se ne può vedere la prima pagina:


È poi continuata  sul numero 26, attualmente in edicola, del quale mostriamo la copertina:

© Editoriale Aurea

Su Luca Raffaelli trovate tutto alla pagina di Wikipedia; qui sotto riproduciamo qualche copertina dei suoi libri.








Per acquistare on line i fumetti della Editoriale Aurea:

Per informazioni:


Per i saggi di Luca Raffaelli editi da Minimum Fax:



sabato 4 luglio 2015

GIUSTIZIA DI NOTTE N. 1 (ovvero le "Night Courts")

Nei Tribunali italiani spesso non ci sono aule e spazi sufficienti per tutti i giudici che devono tenere udienza. Potrebbe essere allora un’idea istituire anche da noi le Corti notturne; ma prevediamo già le obiezioni. Doppia retribuzione per il personale amministrativo, proteste dei sindacati, e probabilmente anche dei magistrati.
E poi andare in giro di notte è pericoloso; e se in condizioni di oscurità si commette un reato, sarà applicabile l’aggravante della “minorata difesa” (lo ha detto la Cassazione, da ultimo, nella sentenza n. 19615 del 2011).
Negli Stati Uniti, almeno nelle grandi città, le Night Court esistono per la trattazione di affari urgenti sia civili che penali.
Nel catalogo della mostra GIUSTIZIA A STRISCE – RAPPRESENTAZIONI DEI GIUDICI NEL MONDO DEL FUMETTO, una vignetta raffigura proprio una Corte notturna: si tratta di un estratto dalla nota storia di Carl Barks, soprannominato “L’Uomo dei paperi”: “Paperino e la scavatrice”, del 1949.


Per mostrare un altro esempio di giustizia rapida ed efficiente made in USA, ecco un estratto da un genere fumettistico poco noto in Italia, i “romance comics” americani degli anni Quaranta. Qui una donna è ingiustamente accusata di furto e condotta davanti ad un “giudice notturno”, che sembra pronta a sbatterla in galera, ma poi si accontenta delle frettolose spiegazioni del moroso della ragazza, arrivato di corsa ad interrompere l’udienza. Ovviamente l’amore trionfa.



Per completezza, va detto che “Night Court” è stata anche una serie di telefilm americana, ambientata a New York, trasmessa per 9 stagioni tra il 1984 ed il 1992  (in Italia su Canale 5); più interessante artisticamente la locandina di un film del 1932, diretto da W. S. Van Dyke, mai distribuito nelle sale italiane.



Paperino e Zio paperone sono © Walt Disney

Per leggere la storia completa tratta da “Complete Love” n. 4:


Informazioni sul film del 1932 su un altro blog di questa stessa piattaforma: