lunedì 25 luglio 2016

fumetti dimenticati: FUNNYMAN, di Jerry Siegel & Joe Shuster

Curando la mostra GIUSTIZIA A STRISCE (che, a proposito, è sempre disponibile gratuitamente per eventuali riallestimenti) abbiamo pagato il giusto tributo a Superman, il papà di tutti i supereroi in costume, mostrando le riproduzioni di due copertine “processuali”, opere di grandi autori come Curt Swan:



Queste copertine sono anche riprodotte nel catalogo, ma qui ne proponiamo altre due, entrambe di Curt Swan.


Questa è del 1965, e mostra un giudice che obbliga Superman a scrivere alla lavagna, nemmeno si trattasse di quel discolo di Bart Simpson.

 Superman and Batman © DC Comics
Questa è del 1970, e mostra Lois Lane, fidanzata di Superman, accusata di omicidio.
Superman è un personaggio ancora oggi notissimo dopo 78 anni; del tutto dimenticato, invece, l’altro supereroe creato da Jerry Siegel e Joe Shuster, i due giovanotti di Cleveland che avevano ideato l’Uomo d’acciaio.


Al loro Funnyman, però, è stato dedicato un bel volume antologico, edito negli USA da Feral House e, ovviamente, non tradotto in italiano.


Se Superman ha un tono serio e anche drammatico nelle prime avventure (la provenienza da un pianeta morente, il dramma di sentirsi diverso da ogni altro umano), Funnyman è la farsa in persona; Larry Davis, attore comico nella vita di tutti i giorni, si trasforma nell’Uomo Buffo indossando un costume da clown e un nasone, utilizzando come superpoteri i tipici accessori del pagliaccio, trasformati in aggeggi da difesa e da offesa.
Poteva mancare una scena processuale nel volume di Funnyman? Certamente no, perché giudici e avvocati sono da sempre un ottimo bersaglio per ironia e satira.


Ecco la sequenza, non ben riprodotta nel volume (e dunque nemmeno qui) perché è tratta dalle storie del personaggio apparse sui giornali quotidiani, e non da quelle dei comic book.
La storia è abbastanza ingarbugliata, ma ruota intorno ad una questione di diritto d’autore. Larry utilizza nei suoi spettacoli una canzone scritta dal suo amico Jerkimer Jones, che però è stato imbrogliato da un impresario a cui ha firmato un contratto con clausole minuscole e illeggibili.
Per smascherare la truffa, Larry si trasforma in Funnyman progettando di trasmettere, per radio, una registrazione in cui l’impresario ammetterà l’inganno. Il giudice davanti al quale è stato portato il caso, viene avvisato via telefono ed invitato a seguire la trasmissione.


Ma il magistrato non prende la cosa sul serio e si addormenta sul più bello… facendo, al solito, la figura da perfetto idiota che sovente fanno i magistrati nelle storie a fumetti che proponiamo in questo blog.


I contratti con clausole minuscole e illeggibili sono un luogo comune delle storie comiche a sfondo giuridico. Eccome un esempio in un classico Disney del 1972, “Paperino e la norma delle regole” (testo di GuidoMartina, disegni di Romano Scarpa).


Anche la nostra Corte di cassazione ogni tanto si occupa di clausole microscopiche; ecco una sentenza ove il formato minuscolo dei caratteri, insieme ad altri artifici, ha fatto dichiarare nulle le cosiddette clausole vessatorie:


Tornando a Funnyman, però, gli autori del volume tendono ad inserirne la vicenda nel solco dell’umorismo ebraico, puntando sul fatto che sia Siegel che Shuster erano ebrei. Come anche un mucchio di altri autori di fumetti, quasi più degli italiani di cui abbiamo parlato già qui.

Con questo 64° post, GIUSTIZIA A STRISCE chiude la seconda stagione. Sono ben accette cartoline dalle vacanze, al solito indirizzo:
giustiziaastrisce@libero.it


lunedì 18 luglio 2016

LOST IN TRASLATION

In un certo senso, tradurre fumetti può essere più difficile che tradurre romanzi o saggi. Ciò per l’uso di molte espressioni gergali, o di variazioni sulla grafia dell’inglese; ma anche perché il fumetto si inserisce molto bene nella cultura pop, e dunque costringe ad adattamenti che devono tener conto del contesto in cui avviene la traduzione.
Facciamo un esempio.


Quella qui sopra è la traduzione italiana di una vignetta di una strip inglese, Patti, risalente al 1960, in due versioni: quella apparsa sul supplemento n. 11 alla rivista Eureka nel 1970; e quella apparsa sul n. 4 della collana L’Avventuroso Pocket nel 1975.
Qual è la differenza? Che nel primo caso, il traduttore si attiene all’originale inglese, nel quale Patti si rivolge ad un automobilista frettoloso chiamandolo Stirling Moss; nell’altra, più recente, la metafora viene invece resa con Nuvolari. Paradossalmente, la traduzione più recente ripesca un corridore già morto da un pezzo. Stirling Moss era invece ancora in attività ai tempi della strip; ecco una sua immagine italiana post-ritiro, tratta da Intrepido Varietà n. 32 del 1963.


Quando si tratta di rendere termini giuridici, la situazione si complica. Pochi sono infatti i traduttori in grado, nel rendere l’italiano, di usare un linguaggio tecnicamente corretto; e non è detto che esso sia usato nell’originale.
Fortunato Latella, storico del fumetto e autore di numerosi articoli su Fumetto, rivista dell’ANAFI, ha tradotto molte antiche storie a fumetti americane, tra cui le strisce di Connie, un personaggio poco noto da noi, pubblicato negli USA dal 1927 al 1944 (così riporta Wikipedia; ma per Latella il periodo esatto è dal 1929 al 1941). In un volume edito sempre dall’ANAFI, Connie passa da una avventura spaziale ad un “courtroom drama”, di cui abbiamo già mostrato una scena nel catalogo della mostra GIUSTIZIA A STRISCE.


Ecco un giudice che, nella traduzione di Latella, parla di “produrre” un teste, il che sembra piuttosto buffo, dato che da noi si “producono” in giudizio i soli documenti; ma l’espressione è usata nell’originale, come lo stesso Latella ci ha dimostrato gentilmente fornendo, per questo articolo, la vignetta americana.


Si tratta dunque di un caso di traduzione letterale, che però non coglie nel segno, perché il termine tecnico è corretto nella lingua originale ma non in quella italiana.
Ecco un estratto dal manuale “The art of prosecution”, di John Bugliosi, in cui si spiega appunto l’importanza, nel processo americano, di “produrre i testimoni”.


Vediamo un altro esempio. In una piacevole storia dei Vendicatori (Avengers n. 160 del 1977; in Italia, Thor e i Vendicatori n. 212 del 1979), un personaggio chiamato Sinistro Mietitore imbastisce contro i nostri eroi un vero e proprio processo, con tanto di accusa e difesa. 


Nel testo originario, la scena si apre con il cattivo che pronuncia la frase “Court is now in session”, che è formula consueta negli Stati Uniti; l’anonimo traduttore italiano, correttamente, evita la versione letterale (“La Corte è ora in sessione” farebbe ridere, perché per noi la “Corte” è un organo giudicante collettivo e non monocratico) e sceglie opportunamente un “La seduta è aperta” (l’alternativa avrebbe potuto essere “L’udienza è aperta”).


Un interessantissimo volume che parla sia di fumetti che di diritto è “The pirates and the Mouse”, di Bob Levin, un resoconto dei processi per violazione del diritto d’autore che la Disney imbastì contro un gruppo di fumettisti underground che, negli anni Sessanta, avevano realizzato storie illegali dei personaggi Disney, intenti in attività “per adulti” di regola precluse a Topolino & Co.


Il libro è stato tradotto in italiano dalla Free Books nel 2006, 3 anni dopo la pubblicazione originale; ma, a parte la scelta di un titolo infelicissimo, la traduzione fu molto contestata sia nelle recensioni che nei forum del fumetto, anche per l’uso di frasi che, in Italiano, sembravano tradire il senso giuridico del discorso.
Nonostante questi limiti, il libro è consigliabile agli appassionati di Fumetto & diritto, tanto più che, ora che la casa editrice ha chiuso, si trova nuovo su ibs a metà prezzo.

Vediamo se qualche editore proverà a tradurre, dall’inglese all’italiano, uno di questi simpatici saggi:





martedì 12 luglio 2016

Giudici-scrittori: intervista a Gaetano CATALDO

Proseguiamo il ciclo di interviste a scrittori che sono anche operatori del diritto. Dopo Roberta Gallego, magistrato a Belluno, ecco un altro giudice-scritture, questa volta operante a Catania: Gaetano Cataldo.



<<Il tuo primo romanzo aveva qualche riferimento giudiziario, il secondo nessuno. Pensi che per un giudice-scrittore sia più facile narrare del proprio lavoro? O la scrittura è anche un modo per “evadere”?

Certamente ad un giudice viene facile scrivere del suo lavoro. E la fortuna di molti cosiddetti giudici-scrittori è che il loro lavoro suscita anche l'interesse di molti lettori. Fin qui, però, non credo di essere ingeneroso dicendo che stiamo parlando, appunto, di giudici-scrittori, di scrittori, voglio dire, che in primis sono e restano giudici. Per uscire fuori da questo pur gradevolissimo ambito è necessario cimentarsi allora in qualcosa di diverso. Nel mio secondo romanzo ho provato a fare questo. 

Molti giudici-scrittori famosi sono soprattutto dei penalisti, tu sei un mite civilista. Pensi che il penale fornisca più suggerimenti per una storia?

Se parliamo di romanzi polizieschi, sì, certamente, i giudici penali fanno un lavoro che dà loro continuo materiale. Fuori di quest'ambito non credo che ci siano molte differenze.

Hai dei sensi di colpa per il tempo sottratto al lavoro? Come riesci a conciliare le due attività?

Ho scritto il primo libro durante il tirocinio; ricordo che a quei tempi il Consiglio Superiore della Magistratura prescriveva agli uditori giudiziari la tenuta di un "quaderno", lo chiamavano così "il quaderno dell'uditore"; in qualche modo il libro ha preso il posto del quaderno, e la cosa non mi è spiaciuta affatto; per il secondo libro va fatto un altro discorso; effettivamente la pubblicazione mi ha dato un certo disagio, ma più per il pensiero di possibili maldicenze che altro.

Il primo romanzo ha per protagonisti un professore universitario ed un pubblico ministero, il secondo uno psicanalista fallito. Cosa possiamo aspettarci per il terzo?

Non definirei Saverio Madiere uno psicanalista fallito; piuttosto lo direi un impostore di successo .... Quanto al futuro, al momento non saprei neppure dirti se ci sarà un terzo libro.

Questo blog è dedicato ai temi della Giustizia nei fumetti. Tu conosci il fumetto? Hai qualche predilezione per qualche autore o personaggio?

Sono cresciuto tra Tex e Diabolik, e l'Uomo Ragno, prima che diventasse Spiderman. 

                          Diabolik Copyright Astorina


Ho avuto la fascinazione per Dylan Dog, ed è stato un vero peccato non averne fatto all'inizio collezione. Oggi non leggo più tanto; mia moglie continua a comprare Julia dal primo numero. 

                     Julia Copyright Sergio Bonelli Editore

Un fumetto o graphic novel che mi piacerebbe leggere, e che però non c'è, potrebbe venire dalla saga del Comandante Jack Aubrey di Patrick O' Brian, quello da cui tempo fa è stato tratto il film Master and Commander. Peccato che nessuno ci abbia ancora pensato>>.


Il secondo romanzo di Gaetano Cataldo, “Il caso BI” è un’opera matura che, pur senza avere agganci giudiziari o fumettistici,  presenta finezze letterarie che lo rendono interessantissimo. Un dipinto fiammingo che compare in copertina e che è anche il motore immobile della vicenda; citazioni letterarie vere o verosimili; riferimenti colti alla psicanalisi; il mondo degli  scacchi (un classico anche nel campo del fumetto, come dimostrano le immagini qui sotto); tutto ciò contribuisce a formare un cocktail di grande fascino.

Per acquistare i romanzi di Gaetano Cataldo:

E ora... gli scacchi:



Copyright DC Comics

Copyright DC Comics



domenica 3 luglio 2016

Il mistero di JOHN BUSCEMA

Iniziare una storia di supereroi con una scena giudiziaria ha sempre il suo fascino. Infatti ci si sono cimentati in tanti.
Qui sotto un esempio disegnato nel 1976 da Sal Buscema sulla serie dei Difensori:


Qui un altro italoamericano: Carmine Infantino, sulla serie Nova:


Ma la più bella, scelta per comparire sul catalogo della mostra GIUSTIZIA A STRISCE, è questa qui, opera di John Buscema. 


I Fantastici Quattro vengono rilasciati su cauzione; Reed Richards, capo del gruppo e a quanto pare anche tesoriere,  firma un assegno; una sorta di cancelliere prepara una ricevuta con un aggeggio che sembra sin troppo tecnologico per lo scopo; il giudice, come al solito, finge di leggere una carta mentre pensa al football, o all’amante, o alle corse dei cani.
Tre autori italoamericani, ma su uno c’è un piccolo mistero: di dove era veramente originario John Buscema, definito “Il Michelangelo dei fumetti”?
Tutte le biografie disponibili lo indicano come nato a New York nel 1927, e morto nel 2002.
Ma, in alcuni siti basati in provincia di Ragusa, il Nostro viene definito “grande fumettista pozzallese, newyorkese d’adozione”.


Nella pagina italiana di Wikipedia, si legge: <<John Buscema era molto legato all'Italia (i suoi genitori erano nativi della Sicilia) e periodicamente si stabiliva presso parenti nel piccolo paese di Pozzallo, in provincia di Ragusa>>.
Ora Pozzallo è un piccolo comune sulla costa, negli ultimi anni noto anche per i tanti sbarchi di carrette del mare che trasportano migranti; ma perché vantarsi di aver dato origine al Nostro?
Sempre sulla pagina italiana della nota enciclopedia si legge che John Buscema all'anagrafe si chiamava in realtà Giovanni Natale Buscema, mentre la pagina in inglese, alla stessa voce, afferma che questo era il nome di nascita (lasciando intendere che potrebbe averlo cambiato all’anagrafe, come fece un certo Jacob Kurtzberg) e non vi è alcun riferimento alla cittadina ragusana.
Esiste una rivendicazione pozzallese in merito alle origini del “Michelangelo dei fumetti”? E se sì, come mai il locale Comune non ha mai assunto iniziative per ricordare l’artista, cercare contatti con la famiglia americana, dedicargli una via, un monumento, una biblioteca?
Più in generale, e visto che vi sono stati moltissimi fumettisti italoamericani, qual era il rapporto di costoro con la patria di origine?
Due di essi nacquero effettivamente in Italia: Joe Orlando a Bari, nel 1927; Vince Colletta a Casteldaccia, provincia di Palermo, nel 1923. Quanto a quest’ultimo, nel volume “The Thin Black Line – Perspectives on Vince Colletta”, inedito in Italia, si afferma che discendeva realmente da una famiglia mafiosa, e che atteggiamento da boss fu mantenuto anche negli States, durante la sua lunga e controversa carriera come disegnatore e inchiostratore.
In attesa di uno studio completo sugli autori italoamericani e sui loro rapporto con la patria di origine, concludiamo segnalando un bel sito internet americano, che rappresenta molte scene processuali tratte da fumetti di supereroi, e nel quale è riprodotta, in originale, anche la tavola di John Buscema da cui siamo partiti:


   Nova, Defenders, Fantastic Four: copyright Marvel Comics