domenica 29 gennaio 2023

RICORDO DI ITALO PILERI

Italo Pileri è morto e pochi, soprattutto tra i più giovani, ne ricorderanno l’opera di appassionato ed esperto di fumetti e cultura popolare. I suoi scritti in materia risalgono a molti anni fa e sono apparsi soprattutto su “Il fumetto”, rivista fuori commercio riservata ai soci dell’ANAF, l’Associazione di cui era stato uno dei fondatori e che ora, ribattezzata ANAFI, ha dato notizia della sua scomparsa. Molti articoli, peraltro, erano dedicati ai “Fascicoli d’epoca”, cioè a quelle pubblicazioni, non a fumetti ma illustrate, che nella prima parte del Novecento ebbero un largo successo popolare, associato però a una totale disistima da parte della critica.

 Italo Pileri, foto tratta dal sito Igeanews.it, articolo di Elen Masiello

Nella convinzione che un uomo è veramente morto solo quando ci si dimentica di lui e della sua opera, provo a ricordarlo qui, per quel po’ che sapevo di lui, sperando che altri più titolati di me vorranno ricordarlo con cognizione di causa.

Italo Pileri nasce a Roma il 28/11/1933. Da bambino viene colpito dal virus del collezionismo; inizia con i francobolli, ma poi i suoi interessi si spostano verso qualcosa di diverso. Lettore di comics come tanti ragazzini della sua generazione, comprende il valore culturale di essi grazie soprattutto ai viaggi di lavoro all’estero, che gli fanno conoscere testi di critica e saggistica sul fumetto all’epoca sconosciuti in Italia. Si interessa anche di libri per ragazzi e sviluppa un particolare interesse per Pinocchio, di cui raccoglie numerosissimi esemplari in tutte le lingue del mondo.

Nel 1972, sul n. 8 della rivista Il fumetto, inizia la sua rubrica sui Fascicoli d’epoca, che continuerà per diverso tempo, parlando di personaggi come Nick Carter, Lord Lister, Nat Pinkerton, etc.

 


Altri articoli d’occasione furono scritti, negli anni, su singoli argomenti. La cronaca di una cena romana con Lee Falk, inventore di Mandrake. Un esame delle prima apparizioni di Superman in Italia. Un pezzo sulle carte da gioco a fumetti, un argomento su cui ho scritto qualcosa anch’io.


Ma cos’erano i fascicoli d’epoca?

Una trattazione più istituzionale del tema, rispetto alle singole puntate della rubrica di Pileri, si ritrova nella colossale opera in due volumi “Eroi del racconto popolare prima del fumetto”, di Franco Cristofori ed Alberto Menarini, pubblicato da Edizioni Edison di Ennio Pittureri a Bologna nel 1986.

Ivi si spiega come anche in Italia ebbero successo collane dedicate a personaggi (investigatori privati, poliziotti, eroi del west, ladri gentiluomini, etc,) di cui venivano narrate le gesta, in serie composte a volte da centinaia di fascicoli, caratterizzati da una prosa senza fronzoli e da una stretta vocazione all’avventura. Ogni fascicolo conteneva un racconto completo, con una suggestiva illustrazione in copertina e, a volte, qualche illustrazione interna. La produzione italiana tendeva a presentare i titolari di queste serie come personaggi realmente vissuti, il che era vero ad esempio nel caso di Joe Petrosino, poliziotto italo americano ucciso dalla mafia, ma certamente non di Nick Carter. Il materiale di origine era però straniero, a volte statunitense (questo tipo di produzione si rifaceva del resto alle cosiddette dime novels), più spesso tedesco. In Germania infatti il filone aveva avuto enorme fioritura, con vendite colossali e altrettanto colossale disprezzo da parte chi riduceva il fenomeno a Trivialliteratur, tanto da indurre al suicidio l’editore Eichler, uno dei padri di questa produzione.

In questo blog, dedicato alle interazioni tra diritto ed altre arti, non c’è molto materiale da mostrare  tra quello riprodotto sul volume o nella rubrica di Pileri; i protagonisti dei fascicoli d’epoca non erano adusi a frequentare i tribunali, preferendo altre forme di risoluzione dei conflitti. Però qualche magistrato di mezzo c’era, come si vede in questa copertina su “L’assassinio del Procurator Generale”, di Josè Moselli:

La copertina riprodotta qui sotto, dalla serie dedicata a “Frank Allan, il vendicatore dei diseredati”, non ha attinenze specifiche con il mondo della Legge; in compenso il costume degli Uomini-spettri mostrato in copertina ricorda tanto quello del personaggio del fumetti Kriminal, protagonista di un altro pezzo apparso in questoblog:


Mentre questa illustrazione sulla “Giustizia di Dio”, o “poetic justice”, ricorda un post apparso in un altro autorevole blog:


Avevo letto, dunque, tanti articoli firmati da Pileri, ma lo vidi di persona solo una volta, diversi anni fa. Ero a Roma con un amico e capitai quasi per caso in un negozio di fumetti e libri antichi. Si chiamava “L’angolo del collezionista”, e varcare la porta era come entrare in un paradiso di carta, con tutto quel materiale antico. Fu parlando col gentilissimo titolare che scoprii che si trattava proprio di lui, di Italo Pileri. Un uomo anziano ma ottimista, allegro, appassionato del suo lavoro, che sembrava regnare nel negozio come un topo nel formaggio. Ci raccontò di aver lavorato una vita come funzionario in una grossa società, e di aver avviato il negozio una volta raggiunta la meritata pensione. Con lui c’era la figlia Barbara, affaccendata nella ricerca di qualcosa.

Da allora, ogni volta che immagino il mio pensionamento, penso a lui, alla capacità di condividere la sua passione con i clienti, al divertimento di un uomo che torna bambino e passa l’ultimo tempo della sua vita tra le cose che più ama.

Francesco Lentano, gennaio 2023


lunedì 23 maggio 2022

RICORDO DI LUCIANO TAMAGNINI

“Tamagnini, chi era costui?”, ruminavo tra me a quei tempi.

Sarà stato una ventina di anni fa. Mi ero messo in testa di raccogliere la serie completa della rivista Il fumetto, organo della Associazione nazionale amici del Fumetto (ANAF), i cui primi numeri erano usciti quando ero ancora all’asilo; un po’ per la mia passione per i vecchiumi, un po’ per contribuire a ricostruire un periodo che mi sarebbe piaciuto vivere in prima persona, cominciai ad acquistare tutte le copie che trovavo tra internet, mostre e bancarelle.

Era impossibile non notare la presenza di quel nome. Su tutti i numeri della rivista, il misterioso (per me) Tamagnini curava una rubrica intitolata “Comics oggi”, che io leggevo avidamente anche se erano passati decenni e quei fumetti erano come minimo dell’altro ieri. Ma la rubrica dava conto di tutto ciò che era stato pubblicato. E se uno vuol sapere oggi cosa c’era in vendita in un determinato periodo di un qualunque anno dai primi Settanta ai Duemila, quella rubrica è la fonte primaria.


Mi chiedevo cosa facesse nella vita il Tamagnini. Forse l’edicolante, pensavo; sarebbe stato l’unico modo per dare conto di tutto ciò che usciva. Forse anche il libraio, però, dato che non si limitava alle testate periodiche. Forse aveva aperto una delle prime, pioneristiche fumetterie.

Quando un giorno mi capitò di ritrovare, tra i primi numeri della rivista, anche l’atto costitutivo dell’associazione che la editava, ebbi qualche notizia in più.

E davvero avrei voluto esserci anch’io il 9 ottobre 1976 davanti al notaio Enrico Marmocchi, a fondare l’ANAF. Ma a quei tempi ero alle elementari. Ero io il marmocchio, altro che notai. 

Tamagnini non c’era “in presenza”, si era fatto rappresentare da un altro fondatore che era anche avvocato; ma il notaio annotò, come si deve, le sue generalità, la sua data di nascita (25/3/1941), la sua professione: insegnante elementare. E non era l’unico docente in quel parterre; c’era Gianni Brunoro, con cui avrei poi avuto qualche simpatico scambio epistolare; o Giulio Cesare Cuccolini, visto a Lucca più di una volta; c’era Italo Pileri.

Foto di gruppo dei componenti dell'ANAF, tratta dal supplemento al n. 19 della rivista IL FUMETTO, ottobre 1975. Luciano Tamagnini è a destra

Venne il giorno in cui anch’io mi iscrissi alla associazione (nel frattempo diventata ANAFI, aggiungendo la “I” di Illustrazione), e decisi di impegnarmi maggiormente, sia pure col mio scarso tempo libero e una passione da mero dilettante, nella organizzazione di attività fumettistiche. E nel 2013, due anni prima della mostra “Giustizia a strisce” dalla quale ha preso vita questo blog, diedi la mia disponibilità a presidiare lo stand dell’ANAFI allestito in una manifestazione che si teneva nella città dove vivo: Etna Comics.

E Luciano Tamagnini arrivò in carne ed ossa da Reggio Emilia per l’occasione. C’era anche Bruno Caporlingua della Fondazione Marco Montalbano di Viagrande e qualcun altro che non ricordo. Erano passati anni da quando avevo notato il suo nome. Era il momento di conoscerlo davvero.

E conoscenza fu, anche se limitata a pochi giorni; ma quando si sta insieme per ore in uno spazio ristretto, ci si finisce col raccontare a volte più di quanto si dica al coniuge in una intera settimana frenetica di lavoro.

Dire pubblicamente quello che raccontò a me in quel brevissimo periodo, non sarebbe possibile e forse nemmeno giusto. Altri erano i suoi amici, altri coloro che possono ricordarlo con cognizione di causa. 

Io mi limito a qualche frammento. 

La tenerezza con cui accolse allo stand i miei nipotini, posando per una foto ricordo che ho conservato per tutto questo tempo.

Il racconto di certe sue esperienze di maestro di scuola, alle prese anche con alunni difficili (mi disse che un bimbo autistico solo alla fine dell’anno era arrivato a toccargli il viso, e che per lui era stata una soddisfazione assoluta). I commenti su certi protagonisti del fumetto italiano (uno gustosissimo su Luciano Secchi, alias Max Bunker, non lo rivelerò nemmeno sotto tortura). I ricordi della gestione di un teatro nella sua Reggio Emilia.

E la ritrosia nel firmare con dedica un libro co-curato da lui: questo.


Mi disse che non era il caso di rovinare un volume fresco di stampa e odoroso di inchiostro, con degli scarabocchi. Io insistetti, ed ottenni la mia dedica. E pazienza se la parola tra parentesi non sono riuscito a decodificarla in tutti questi anni.

Ancora oggi, quando mi viene da lamentarmi di non riuscire a coltivare i miei interessi per cinema, fumetti ed altro, a causa del peso preponderante del mio lavoro “ufficiale”, penso a quest’uomo che insegnava a scuola, gestiva un teatro, dragava edicole e librerie dando conto di migliaia di pagine di carta stampata e fumettata.

Mi è dispiaciuto di non aver avuto occasione di ripetere l’esperienza, e di averlo solo incrociato a Lucca uno o due volte negli anni successivi. La rivista dell’ANAFI si è rinnovata e le sue condizioni di salute non gli consentivano più di collaborarvi; ma per quanto la nuova gestione abbia apportato molti miglioramenti, nessuno è riuscito a ripristinare una rubrica nella quale si dia conto di tutto, ma proprio tutto, di ciò che viene pubblicato.

Grazie, Luciano.


© Francesco Lentano

23 maggio 2022

martedì 3 maggio 2022

IN MEMORIA DI LUCA BOSCHI

Forse non ho titolo per parlare di Luca Boschi.

L’ho incontrato di persona solo una volta, al Napoli Comicon del 2015. Non posso dire che fossi suo amico. Posso dire che avrei voluto esserlo. Che invidio chi lo ha conosciuto bene.

Quando viene a mancare un personaggio illustre, chi lo conosceva poco e prova a ricordarlo, corre sempre il rischio di parlare di sé. Di millantare una amicizia che non c’era. Di raccontare, dello scomparso, solo quel piccolo episodio marginale che ha toccato la sua vita.

Cercherò di evitare questo rischio, e quindi non parlerò delle mail che ci siamo scambiati, della gentilezza sempre dimostrato nei miei confronti,  dell’affettuosa accoglienza a Napoli,  ai tempi in cui avevo organizzato la mostra sul fumetto giudiziario chiamata appunto GIUSTIZIA A STRISCE.

Parlerò della sua opera, e del perché avevo nei suoi confronti una stima assoluta.

In primo luogo, Luca Boschi era per me uno storico del fumetto. Non è facile fare storia del fumetto. Non vi è una tradizione accademica, non vi sono molti archivi, non vi sono molte testimonianze scritte. In un paese dove non si sa chi ha disegnato il primo numero di uno dei fumetti più famosi, la sua costanza nel cercare di ricostruire le vicende di autori, editori, personaggi dimenticati, era encomiabile.


Era anche un saggista che ha contribuito a moltissime iniziative editoriali, scrivendo praticamente dappertutto. Gli articoli su rivista, le prefazioni a libri, i cataloghi di mostre, i redazionali che hanno accompagnato moltissime iniziative, se messi insieme, riempirebbero una intera biblioteca. E poi ci sono i singoli volumi. “Frigo, valvole e balloons”, per esempio, per l’editore  Theoria, nel 1997, un panorama del fumetto di avanguardia di quegli anni e di quelli immediatamente precedenti, che vinse il Premio Franco Fossati. “Irripetibili – le grandi stagioni del fumetto italiano”, dieci anni dopo, per Coniglio Editore. E l’ultimo, “Italia ride – L’avventurosa epopea del fumetti comico italiano del dopoguerra”, per l’ANAFI, nel 2020. Forse il libro più personale, dal momento che quasi tutti, inevitabilmente, impariamo ad amare il fumetto da piccoli, e Luca era del 1956, ed in questo libro si capisce benissimo che quando parla di personaggi come Lupettino, c’è dentro un coinvolgimento personale, un omaggio al se stesso bambino. Senza rinunciare al rigore del saggista, però, dal momento che il libro è una vera miniera di curiosità, di rarità, di riscoperte di autori “minori” che non diranno ormai niente a nessuno, ma che è meritorio aver tirato fuori dalle pieghe della storia, perché è anche grazie a loro se ancora oggi qualcuno scrive disegna, stampa, distribuisce fumetti in edicola o in libreria.



Luca Boschi era anche un autore egli stesso, sia come sceneggiatore che come autore completo. Non sono così frequenti i casi di fumettisti che sono anche storici e saggisti del fumetto; mi viene in mente, in effetti, oltre a lui, solo Alfredo Castelli. E posso immaginarne la ragione. Quando lo studio ti porta a conoscere i grandi capolavori della Nona Arte, non è facile decidere di provare a misurarti con loro. L’umiltà ti indurrebbe a pensare che non puoi scrivere nulla di meglio. Provare a farlo non è un atto di superbia, semmai un tentativo di omaggiare i grandi maestri; ed alcune delle storie sceneggiate da Luca Boschi per la Disney sono godibilissime per i grandi ed i piccini.

Ma, forse più di ogni altra cosa, per me il contributo maggiore di Luca Boschi al fumetto resta il blog “Cartoonist globale”, una vera quintessenza di cultura non solo fumettistica.


Lo stile da blogger di Luca consisteva non nello scrivere un articolo come si scrive una voce per un’enciclopedia, ex cathedra, ma nel partire da uno spunto (una mostra, una notizia di cronaca, la nascita o la chiusura di una testata, l’anniversario della nascita di un grande autore del passato…) e giocarci attorno a rimpiattino tra cinema, storia, cronaca, arte, musica, televisione, scovando immagini spesso poco note, trovando collegamenti sfuggiti ai più, inserendo video.

Questo continuo flusso di nessi, di rimandi, di collegamenti, aveva in ultima analisi il fine di dimostrare (come se ce ne fosse bisogno) che il fumetto non è un’arte a sé stante, non è un mondo ristretto a pochi lettori con la sindrome di Peter Pan, ma è parte della grande famiglia delle Arti.

Il blog proponeva articoli che ricevevano moltissimi commenti; c’era un pubblico di aficionados che commentavano quasi tutti i post. Piccoli blogger crescevano, perché tra i commentatori, nascosto rigorosamente dietro un nickname, c’ero anch’io. E nei primi anni di vita di questo blog, ho cercato di imitare esattamente lo stesso stile. Purtroppo senza avere la stessa cultura fumettistica.

Cambiò tutto il 12 Settembre 2013. Il post si intitolava “Mille scuse a tutti” e spiegava ciò che era successo:

«Tutti i commenti a qualsivoglia post di tutti i blog sono stati bloccati (chiusi) d’imperio. Come potranno fare (per esempio) Tomaso Turchi, Sauro Pennacchioli e Nestore Del Boccio a commentare gli argomenti di turno, compresi quelli antichi? Mah! Lavori sulla piattaforma? Inizio di smantellamento? Non lo sappiamo, sfido chiunque a saperlo o ad avere (e comunicare) informazioni sicure in merito».

Il blog da allora è proseguito (l’ultimo post reca la data dell’11 dicembre 2021), tristemente senza commenti, con un ritmo sempre più rarefatto, ma sempre attento alla attualità.  

Attento, purtroppo, spesso anche a rendere omaggio ai tanti maestri del mondo del fumetto che salivano nei verdi pascoli del cielo.

Adesso che è giunto il suo momento, spero che tutti quelli che lo hanno conosciuto bene, sappiano rendere il giusto omaggio a Luca.

 

© Francesco Lentano

3 maggio 2022


domenica 9 maggio 2021

ERASMO BUZZACCHI, un autore da riscoprire.

La vita, si sa, è una questione di occasioni. Le svolte che segnano le nostre esistenze sono spesso dovute ad incontri fortunati, che avvengono quando meno li aspettiamo.

Così ad esempio può accadere che un giornalista di mezza età, forse un po’ annoiato, sia inviato a intervistare un esperto di medicine naturali o alternative, di quei tipi che a prima vista possono essere considerati un po’ strambi. E che quell’incontro segni la svolta per il giornalista, divenuto a sua volta un divulgatore e un esperto di quegli stessi saperi, sino a fondare una scuola che porta il suo nome.

Quel giornalista era Erasmo Buzzacchi, e la sua scuola di Riflessologia plantare esiste ancora oggi, diretta dalla figlia Cristina. Ma prima il nostro protagonista aveva già vissuto più vite diverse, una delle quali nel mondo del fumetto; ed è proprio con l’aiuto della figlia che proviamo a ricostruirla.


Su Buzzacchi (e soprattutto sul Buzzacchi fumettista) è calato un strano silenzio; sul web si trovano tracce diverse della sua multiforme attività, ma nemmeno un documento che attesti che si tratti della stessa persona. Eppure la sua carriera ha incrociato, per anni,  quella di una delle case editrici di fumetti più amate di sempre, l’Editoriale Corno; ed il suo contributo al mondo della Nona Arte si è sviluppato su vari livelli: direttore di collane, sceneggiatore, editore in proprio.

Proviamo, grazie alle informazioni fornite per l’occasione dalla figlia Cristina, a riannodare questi fili.

Erasmo Buzzacchi nacque a Milano l’11/6/1930. Iscritto all’albo dei giornalisti fin dal 1964, lavorò al quotidiano La Notte, un giornale del pomeriggio fondato nel 1952 dall’imprenditore bergamasco Carlo Pesenti e che tanto successo ebbe negli anni nel boom economico, con la sua formula innovativa basata soprattutto su cronaca nera, sport e spettacoli.

                       Lo storico direttore de "La notte", Nino Nutrizio 
                       copyright_@Cristina_Nutrizio

Amico di Andrea Corno, Buzzacchi collaborò per molti anni con la omonima casa editrice. La sua firma come direttore responsabile appare dal 1966, al posto di quella di Corno stesso, su quasi tutte le testate che daranno il “la” allo sviluppo della casa editrice. In primo luogo i fumetti “neri”, Kriminal e Satanik, creati da Luciano Secchi (in arte Max Bunker) per la parte letteraria, e da Roberto Raviola (Magnus) per quella grafica; e poi i numerosi altri personaggi nati sempre dalla fertile fantasia del duo.

Quando gli impegni di Bunker come scrittore aumentarono, grazie anche al successo delle sue creazioni, Buzzacchi cominciò a sua volta a scrivere sceneggiature. Secondo il sito comicsbox.it, sono suoi i testi di 43 episodi di Kriminal, 29 di Dennis Cobb agente SS018, 14 di Gesebel, 4 di Satanik. Sebbene alcuni di questi episodi siano stati varie volte ristampati, il nome di Buzzacchi non ha ricevuto particolari approfondimenti critici; del resto le ristampe appaiono sempre con il marchio di Max Bunker, in virtù degli accordi contrattuali dell’epoca, essendosi l’autore sempre riservato i diritti esclusivi dei suoi personaggi.

                     Un episodio di Kriminal scritto da Erasmo Buzzacchi
                     copertina di Luigi Corteggi. Copyright Max Bunker

Quando si parla della storia della Editoriale Corno, i nomi che si fanno sono più o meno sempre gli stessi: l’editore, naturalmente; la coppia Magnus e Bunker; Maria Grazia Perini, che si unì alla compagnia nel 1968 e fu traduttrice, redattrice, per un periodo direttrice della rivista Eureka; Lorenzo Guerriero, per qualche anno direttore di produzione; e pochi altri. Il nome di Buzzacchi viene inspiegabilmente obliterato.

                            Un episodio di Dennis Cobb scritto da Erasmo Buzzacchi
                        copertina di Luigi Corteggi. Copyright Max Bunker

Egli firmò per la Corno, come direttore responsabile, anche la collana di romanzi (non a fumetti) I Jolly, uno strano mix di classici universali  (Stevenson, Poe, Dostoevsky) e di autori più pruriginosi (De Sade, von Sacher Masoch) con il quale evidentemente l’editore intendeva dare dignità letteraria al nascente mercato dei fumetti “per adulti”.


Firmò, infine, anche lo sbarco in edicola dei supereroi Marvel; con la particolarità che, sui primi numeri di Devil e L’Uomo Ragno, compare l’indicazione di una doppia direzione: a Buzzacchi il ruolo (imposto dalla legge) di responsabile, a Luciano Secchi quello di direttore editoriale.


E forse fu proprio la responsabilità giuridica legata al ruolo di direttore, e le condanne subìte nei processi cui i fumetti neri venivano sottoposti, a causare la rottura con Andrea Corno. Fatto sta che, nel 1970, il nome di Buzzacchi scompare da tutte le pubblicazioni, costringendo l’autore ad emigrare verso altri lidi.

Nei primi anni Settanta il suo nome è presente come direttore responsabile o come sceneggiatore su varie testate delle case editrici Società Iniziative Editoriali e La Terza come Alcina la maga, Angelica, Baby Satan, I demoni, La vergine nera; poi, forte dell’esperienza accumulata, Buzzacchi ritenne di poter fondare una sua propria casa editrice. Erano anni, quelli, in cui i fumetti vendevano migliaia di copie, e in cui sembrava che alcuni filoni per ragazzi, come il western, potessero funzionare sempre, mentre nuovi mercati si aprivano grazie al mutamento dei costumi ed alla progressiva liberalizzazione del genere erotico.

La nuova impresa si chiamò Editrice Kristina, ed in questo il nostro protagonista fu davvero un degno seguace della tradizione dei fumetti neri, perché sostituì la lettera K (uno dei simboli di quel genere) alla iniziale del nome della figlia, un po’ come aveva fatto Angela Giussani, creatrice di Diabolik, quando ideò l’ispettore Ginko aggiungendo la stessa consonante al nome del marito Gino Sansoni.

                               "Gli spietati", una delle collane della Editrice Kristina

Per l’editrice Kristina, Buzzacchi fu direttore di pressoché tutte le testate e sceneggiatore di alcune di esse. I titoli delle collane sono un vero caleidoscopio di colori e sapori:  Il cavaliere (3 numeri tra il 1973 ed il 1974), Satanassa (idem), Mascellone (solo due numeri di fumetto satirico – politico ispirato a Mussolini), Le ombre (5 numeri di genere vario), Gli spietati (5 numeri avventurosi importati dalla Spagna), I temerari (erotismo applicato al western, come denunciano titoli quali “La femmina indiana” o “Sakem in amore”), Tony Cif (non un detersivo ma un acrobata da circo...), West Story ed altre ancora.


Purtroppo l’iniziativa editoriale non ebbe il successo sperato; il boom del fumetto popolare andò ed esaurirsi e la stessa casa editrice Corno iniziò un lento declino, sino a chiudere nel 1984; di fatto gli ultimi exploits di Buzzacchi come sceneggiatore di fumetti di cui si ha traccia sono otto storie scritte per le collane Disney della Mondadori e pubblicate tra il 1980 e il 1982. La prima, "Paperino e l'enigma delle bolle astrali", su Topolino n. 1307, disegnata da Guido Scala, presenta uno sfondo fantascientifico, chissà se ispirato alle avventure di Gesebel, la corsara dello spazio, di quindici anni prima.

Ma la vita offre sempre nuove occasioni a chi sa rimettersi in gioco.

Arruolato dal quotidiano L’Occhio diretto da Maurizio Costanzo (un giornale popolare di effimera durata, rimasto in edicola dal 1979 al 1982, che si avvaleva tra l’altro della collaborazione del fumettista Silver, creatore di Lupo Alberto), Buzzacchi fu incaricato di intervistare Elipio Zamboni, fisioterapista originario delle valli bergamasche, che aveva introdotto in Italia, dopo studi all’estero, il metodo della riflessologia del piede. Da questo casuale incontro professionale nacque una amicizia e una collaborazione.

Nella prefazione del volume "Guarire si può", firmato a quattro mani, Buzzacchi si definisce «amico e discepolo di Zamboni»; ricorda di aver «spaziato a lungo tra le varie discipline esoteriche e iniziatiche, tra le scienze psichiche e le parascienze più disparate ricavandone, spesso, anche cocenti delusioni»; sostiene tuttavia di essere rimasto affascinato dall'incontro con la riflessologia, «iniziando a sua volta a praticare questa terapia con risultati eccellenti».

E questa fu l’ultima delle varie identità che il nostro protagonista, come un personaggio dei fumetti, assunse nel corso del tempo.



La “Scuola di Riflessologia Erasmo Buzzacchi metodo CIRF”, fondata nel 1986, ha ora sede ad Acqui Terme ed è gestita da una società; tra i soci c’è Cristina Buzzacchi, che continua il lavoro del padre.

Erasmo Buzzacchi è morto il 3 febbraio 2006.

 

© Francesco Lentano

sabato 29 agosto 2020

TORNA KRIMINAL IN EDICOLA (e questa volta non finirà a processo)

Torna in edicola KRIMINAL. 


La Gazzetta dello sport, quotidiano che da tempo attinge a piene mani dalla storia del fumetto per proporre nuove collane di cosiddetti “Collaterali”, punta questa volta su un personaggio nato, sulla scia di Diabolik (che continua tuttora ad uscire in edicola), nel 1964, e che ha cessato le pubblicazioni regolari dieci anni dopo, pur riapparendo periodicamente in ristampe, riprese, volumi antologici. 
Questa volta la riproposta riguarda 114 albi della serie, usciti originariamente in bianco e nero e in formato tascabile, riproposti a colori, in dimensioni un po’ allungate e con delle figurine in allegato, in modo da poter completare la raccolta dell’album uscito insieme al primo numero. 
E’ difficile dire qualcosa di originale su Kriminal. Il personaggio è citato in tutte le enciclopedie del fumetto; esistono volumi monografici di saggistica 

             
  
il suo creatore letterario, Luciano Secchi in arte Max Bunker, è tuttora in attività e potrebbe in ipotesi rilanciare la serie (è morto invece il creatore grafico, Roberto Raviola in arte Magnus). Qualche anno fa l’editore Mondadori aveva addirittura annunciato una nuova serie, con tanto di numero zero presentato a Lucca, la più importante manifestazione di settore; per ragioni mai del tutto chiarite non se ne fece nulla. 


Le opinioni generali sul personaggio sono sintetizzabili in poche parole. Nacque sull’onda del successo di Diabolik insieme a molti altri personaggi, ma contrariamente ad essi, non fu un clone né un sottoderivato. Lanciò anzi nuove idee, con un setting più realistico (la serie di Diabolik è ambientata in luoghi immaginari) e un tasso di violenza ed erotismo che introdussero qualcosa di nuovo, non in maniera gratuita e voyeuristica, ma nel tentativo di togliere, al fumetto come linguaggio letterario, la condanna di essere destinato solo ai bambini o solo a chi crede in un mondo edulcorato ove il Bene sconfigge il Male. 
Nel tentativo di onorare questo ennesimo rilancio in edicola con una chiave di lettura più originale, proviamo ad affrontare una descrizione del personaggio dal punto di vista del diritto penale
Rappresentazioni di giudici e processi sono abbastanza ricorrenti nella serie ed il primo esempio coincide proprio con il primo numero. Kriminal altri non è se non un uomo assetato di vendetta. Considerando responsabili della morte di suo padre gli ex soci, alcuni li uccide con le sue mani, mentre per un altro si fa “giustizia” in maniera ancora più articolata, facendolo condannare a morte dopo aver inscenato a suo carico le prove di un omicidio in realtà commesso da lui stesso. 
La scena processuale è talmente enfatizzata dal disegnatore da dedicare ad essa la prima delle tre vignette a tutta pagina che adornano il racconto. 

                        

A dare ancora più colore alla trovata letteraria c’è il tentativo, da parte di un bravo ispettore di polizia, di far ottenere una sospensione dell’esecuzione, dopo aver smascherato l’errore giudiziario. Ma l’ispettore Milton, destinato a diventare l’antagonista di Kriminal (come Ginko per Diabolik), arriverà un attimo dopo, ad impiccagione avvenuta. 
Potrebbe trattarsi di una citazione fumettistica, dato che anche nel primo episodio di Superman, il primo eroe con superpoteri della storia del fumetto, vi è una sequenza simile, con l’eroe in costume che interviene all’ultimo secondo per salvare dal braccio della morte una donna ingiustamente condannata. 
Sequenza processuali intervengono più volte nella storia della serie, ed è impossibile citarle tutte; proviamo invece a proporre un altro piano di lettura: quello del rapporto tra Kriminal, inteso come testata editoriale e non solo creazione letteraria, e la giustizia italiana. E’ noto infatti che la serie, come molte altre, fu oggetto di vari interventi da parte della magistratura; si trattava di prodotti editoriali nuovi, che apparivano in contrasto con il buon costume. In un’epoca in cui qualche giudice di provincia si divertiva a denunciare le turiste tedesche in topless (come il pretore Vincenzo Salmeri di Palermo, che anni dopo Maurizio Costanzo invitò perfidamente ad un suo talk show in compagnia della pornostar Cicciolina), anche fare l’editore o lo stampatore di fumetti, poteva rischiare di aprire le soglie della prigione. 
In molti siti internet si legge che Andrea Corno, scomparso nel 2007, fu condannato, nella qualità di editore di Kriminal, a sei mesi di reclusione ed 800.000 lire di multa. In realtà le cose furono un po’ più complicate. 
In mancanza di fonti dirette (recuperare oggi sentenze dell’epoca non è agevole), proviamo a ricostruire un quadro un po’ più ampio con l’ausilio dell’archivio storico del Corriere della Sera. Ciò ci consente di investigare contemporaneamente due aspetti complementari ma diversi: la mentalità della nostra magistratura, oggi spesso accusata di essere eversiva perché “progressista”, ma in passato spesso piuttosto conservatrice; ma anche la mentalità del primo quotidiano italiano, che spesso mostrava di plaudire a certi interventi censori, pur avendo tra i suoi collaboratori storici quel Dino Buzzati che del fumetto italiano fu uno dei profeti, difendendolo pubblicamente e pubblicando, sotto il titolo “Poema a fumetti”, un libro che oggi è considerato quasi un antesignano delle moderne graphic novel. 



Ecco, quindi, alcuni estratti. 
L’11 aprile 1965, sotto il titolo “La giustizia interviene contro i fumetti del terrore”, un anonimo articolista informa che “La Procura della Repubblica di Milano ha scatenato un’offensiva massiccia contro i fumetti per adulti… Dall’Ufficio del sostituto procuratore dottor Guicciardi sono partiti, a raffiche successive, gli ordini di sequestro intenzionati a ripulire le edicole di tutta Italia dalle pubblicazioni periodiche dell’orrido”. 


Dopo aver precisato che nel mirino ci sono
Diabolik, Demoniak, Sadik, Satanik, Kriminal (una cui immagine è usata per illustrare l’articolo), Spettrus, Fantax, Mister X, Rocambole, Agente Coplan, l’estensore informa che quella dichiarata dalla magistratura milanese è una “guerra seria”, dal momento che queste pubblicazioni rappresentano “un pericoloso canale di distillazione di un sottile veleno … che subdolamente emana dai protagonisti del fumetto … assurdi personaggi amorali, violenti e crudeli”. 
Le imputazioni, a carico non dei singoli fumettisti, ma dell’editore (che nel caso di Corno era anche direttore responsabile della testata), stampatore e distributore, riguardavano i reati di pubblicazioni oscene e commercio di scritti o disegni contrari alla pubblica decenza (reati oggi entrambi depenalizzati). 



La successiva menzione di Kriminal sul quotidiano milanese è sull’edizione del 22/5/1966. Questa volta siamo non nella cronaca nera ma in quella letteraria, l’articolo è di Leonardo Vergani (figlio di Orio, una firma storica del giornale), ed il titolo “I perversi eroi dei fumetti affascinano milioni di italiani” ne costituisce una buona sintesi. L’autore sembra più stupito che indignato dalla nuova moda; dimostra di conoscere poco il mondo del fumetto in generale (Paperino viene definito “misogino”, Linus è citato come personaggio umoristico / per bambini); eppure si lancia anche in complesse dissertazioni di stile, come quando afferma: “L’acquiescenza del lettore è, con ogni probabilità, provocata anche dalla forma grafica del racconto. Vignette quasi tutte dello stesso taglio e delle identiche dimensioni, senza salti di tono, nuvolette gremite di parole in corpo minuscolo finiscono per produrre un lieve stato di ipnosi”. 
Con l’edizione del 15/9/1966 si torna alla cronaca nera e si annuncia l’inizio del processo, che sembra il medesimo di cui il giornale aveva riferito l’anno prima, anche se nel corso dell’indagine qualche pezzo dev’essersi perso per strada perché sono finiti alla sbarra solo Kriminal, Satanik, Demoniak, Sadik e Killing (quest’ultima serie non citata nel precedente articolo). Nell’articolo, non firmato, si dà atto che gli imputati relativi alla testata di Diabolik sono stati prosciolti in istruttoria. 



Un mese dopo, il 19/10/1966, la testata milanese ospita un intervento di Giovanni Russo (altro raffinato intellettuale, meridionalista, firma illustre del quotidiano milanese) ove si afferma che “la diffusione di questi fumetti per adulti (a prescindere dalle conclusioni del processo che si inizierà al tribunale di Milano alla fine di ottobre) ha sollevato una serie di problemi per l’opinione pubblica che sono animatamente discussi da educatori, psicologi e sociologi nonché da studiosi della letteratura a fumetti, che sembrava, fino a ieri, uno strumento, piuttosto inoffensivo, di divertimento e di evasione”. L’articolista sembra condividere il proscioglimento di Diabolik (“effettivamente, è disegnato con maggiore garbo”) e sostiene che, per i protagonisti dei fumetti neri, “i loro fini sono solo il successo, il danaro e le donne … non esistono norme civili o morali”. 
Giovanni Russo torna sull’argomento con un secondo articolo pochi giorni dopo; dimostra di sapere di cosa sta parlando (cita correttamente varie serie americane, Linus e Pogo, gli interventi di Umberto Eco, i sociologhi americani); dichiara di apprezzare che in Italia siano iniziati seri studi sul fumetto, anche ad opera dell’Istituto di pedagogia dell’Università di Roma, che sarà uno dei centri propulsivi per la nascita del Salone di Bordighera e poi di Lucca; ma insiste nel ritenere che in Italia il fumetto resta in forma “rozza”, e classifica indistintamente come tali tutti i nuovi antieroi con la K nel nome, definendoli del tutto privi di senso dell’umorismo. 
Il 28/10/1966 il Russo completa la sua trilogia chiedendo a vari personaggi cosa ne pensino dei fumetti neri. Tra gli interpellati ci sono il regista Federico Fellini (“Noi italiani abbiamo il mito dell’eroe sanguinario; anche il fascismo usava una simbologia macabra fatta di teschi e di pugnali tra i denti ma, a differenza di altre società, manchiamo di senso dell’umorismo”); la studiosa Elena Croce, figlia di Benedetto (che stabilisce una analogia con i western all’italiana); il romanziere Alberto Moravia (“il male vero lo fa la vita e non dipende dalla letteratura, sia pure a fumetti, ma da molti fattori, tra cui la famiglia che è la fonte, troppo spesso in Italia, di ogni diseducazione”); lo psicanalista Nicola Perrotti (il quale sembra azzardare una difesa di questi prodotti, riconducibili al problema della carica aggressiva che c’è in ogni uomo; la loro diffusione sarebbe anche la prova delle lacune italiane nel creare più utili valvole di sfogo, come lo sport). 
Nel campo della nascente saggistica fumettistica, l’autore dell’articolo cita Luigi Volpicelli, Romano Calisi, Sergio Trinchero, mentre il povero Traini, che sarà per tanti anni il patron del Salone di Lucca, è chiamato “Renato” anziché “Rinaldo”. E proprio a Romano Calisi viene attribuita una affermazione che oggi suona ovvia a chi studi retrospettivamente il fenomeno, ma che per il paludato giornale di via Solferino doveva essere un po’ ostica: “Calisi pensa che i fumetti neri hanno spesso aspetti di grande volgarità ma sono anche gli unici che affrontano motivi di critica alla società italiana e che parlano di funzionari corrotti, di abusi; di un mondo, cioè, non astratto, ma collegato alla realtà”. 
Le conclusioni del Russo sono nel senso che non sia necessario introdurre, come nel cinema, una censura preventiva; ma che “ci vorranno ancora degli anni prima che la società Italia diventi una vera società di massa con i suoi fumetti pieni di personaggi positivi, di Arcibaldi, Petronille, e Superman italiani. Allora avremo forse altro a cui pensare. Ci saremo già dimenticati dei fumetti neri, un fenomeno che, proprio per il suo carattere e la sua volgarità, è inevitabilmente destinato ad un rapido tramonto”. 
Il Corsera torna a parlare del processo nella edizione del 28/10/1966; l’articolo, non firmato, riferisce di un rinvio del processo, precisando che “Gli stessi periodici oggi incriminati erano già stati giudicati dal Tribunale di Lodi, che li aveva però assolti il 25 febbraio dello scarso anno dal reato di pubblicazione oscena. E il 6 dicembre, la Corte d’appello di Milano li aveva definitivamente assolti perché il fatto non costituisce reato”. 
Un articolo del giorno successivo riferisce su un comunicato del consiglio regionale lombardo dell’Ordine dei giornalisti. In esso si legge che il Consiglio, “dopo aver constatato che nessuno dei detti periodici è emanazione di grandi complessi editoriali e che anzi, nella stragrande maggioranza, si tratta di iniziative individuali che non lasciano dubbi sulla loro natura di deteriore speculazione … fa appello agli iscritti all’Ordine, che ricoprono l’incarico di direttore responsabile dei periodici in questione perché, nello svolgimento delle loro attività, non si discostino da quei fondamentali principi dell’etica professionale che esigono di non fomentare istinti malsani, né sentimenti morbosi”. 
Il 21/12/1966 un articolo interlocutorio si segnala solo per usare, ancora una volta, proprio una copertina di Kriminal come immagine illustrativa; mentre un pezzo del giorno successivo informa di un altro rinvio, dovuto alla circostanza che il pubblico ministero aveva, in udienza, contestato un ulteriore reato. 


L’8/2/1967 il quotidiano riferisce di una udienza nella quale gli imputati si sono sottoposti ad interrogatorio ed il p.m. ha formulato le conclusioni; l’articolo è illustrato con una copertina di Satanik. Delle dichiarazioni rese da Andrea Corno nulla viene riferito, mentre l’unico imputato le cui dichiarazioni sono riportate tra virgolette è
Fulvio Scocchera, il quale è chiamato a rispondere della serie di Sadik. “A lei sembra che ci sia da ridere vedendo, per esempio, un uomo che prende a scudisciate una donna?”. A questa domanda del Presidente del Collegio, l’imputato rispose: “Sì, perché è una storia innocua, che non ha alcun aggancio con la realtà; è come quella di Biancaneve e i sette nani!”. 
L’articolo riferisce anche dei toni utilizzati dal p.m. nella requisitoria: “Sono pubblicazioni che esaltano il delitto e ne danno versioni compiacenti … in modo da influire negativamente sui giovani, specialmente su quelli meno intelligenti”. 
Il processo si conclude con la condanna, tra gli altri, di Andrea Corno, a sei mesi di reclusione e 800.000 lire di multa (condanna anche per lo stampatore); ma il giorno successivo il giornale riferisce di una seconda condanna, nella stessa sezione ma ad opera di un altro collegio, senza spiegare se si trattasse di una diversa indagine o chiarire perché i processi non fossero stati riuniti. Questa volta Andrea Corno è condannato a 2 mesi e 15 giorni di carcere e 50.000 lire di multa, mentre viene assolto lo stampatore per insufficienza di prove. 
Il 17/2/1967, un nuovo articolo ha un titolo che dice già tutto: “Dopo Kriminal condannata Gesebel”. Ad essere finito in giudizio è il n. 8 della serie di fantascienza scritta sempre da Luciano Secchi; si legge nell’articolo che, secondo l’accusa, nell’albo in questione “venivano illustrate donne quasi nude in atteggiamenti gravemente offensivi al pudore, con didascalie e frasi volgari, costituenti nel loro complesso oltraggio alla morale”. L’articolo ricorda anche che questa “è la terza condanna che Andrea Corno, editore anche di Kriminal e Satanik, riporta in quindici giorni”. 
Il 31/5/1967 il Corriere informa della assoluzione dell’editore di Isabella, ma il 31/5/1967 viene reso noto un nuovo rinvio a giudizio per editori e stampatori di Kriminal, Satanik, Killing, Killing, Isabella e Goldrake
Il 27/2/1968 si dà notizia della condanna in appello di Andrea Corno (ma senza precisare di quale condanna si trattasse tra le tre; verosimilmente della prima) a sei mesi e 15 gg. di reclusione e 60.000 lire di multa. 
Il 29/4/1968 un brevissimo trafiletto informa che è iniziato un nuovo processo ad editori, stampatori e distributori di Kriminal, Satanik, Goldrake, Isabella, Messalina, Jezebel, Belfagor, Caballero. Processo rapidissimo: il 7 maggio si dà notizia della condanna di Andrea Corno, sempre ad opera della terza sezione penale del Tribunale di Milano, a 3 mesi di reclusione e 300.000 lire di multa. 
La cronaca nera finisce qui; dando per certo che tutti gli articoli siano stati correttamente digitalizzati, non si rinvengono ulteriori menzioni relative ai processi subìti da Andrea Corno quale editore di Kriminal e di altre pubblicazioni. La casa editrice otterrà poi grandi successi con collane non particolarmente a rischio (l’umoristico, anche se graffiante, Alan Ford; i supereroi della Marvel come I Fantastici Quattro, L’Uomo Ragno, Capitan America e tanti altri); e la bolla, anche scandalistica, dei fumetti neri, finirà con lo sgonfiarsi poco a poco. 

                 

Il massimo quotidiano italiano resta sul tema con articoli di più ampio respiro. Il 4/9/1970 una firma importante come Giuliano Zincone si lancia innanzitutto in una sorta di censimento un po’ manicheo dello scibile fumettistico: “I ragazzi perbene leggono il Corriere dei piccoli o Topolino, i nostalgici del classico consultano Mandrake, Flash Gordon e L’Uomo mascherato; gli amanti della giustizia demiurgica divorano Superman e Batman, i guerrafondai si appassionano alle avventure di cielo, di terra e di mare pubblicate nella collana Supereroica, gli adulti sfogliano febbrilmente Diabolik (o i suoi derivati: Kriminal, Satanik, Sadik, Infernal etc), i sessuofili amano Jungla, Walalla, Lucrezia, i raffinati consultano collezioni di Barbarella, Jodelle, Poppea, gli intelligenti di sinistra commentano Linus, quelli di centro-destra cercano conforto in Eureka, i collezionisti si scambiano annate di Rip Kirby, Braccio di ferro e Capitan Cocoricò (in lingua originale)”. 
Prosegue Zincone ammettendo che “i fumetti …rappresentano un fenomeno commerciale e sottoculturale che non si può liquidare con brusche condanne o con atteggiamenti troppo distratti: queste pubblicazioni traducono in immagini semplici i miti della società nella quale circolano e le restituiscono, con elementare sincerità, quello che essa è capace di dare”. Tanta apparente apertura, tuttavia, sembra rinchiudersi in affermazioni quali: “La società dei fumetti per ragazzi è frutto, il più delle volte, di una visione idillica della realtà ma è, approssimativamente, autentica; nelle pubblicazioni per adulti, invece, la società è clamorosamente falsa e piena di connotazioni pessimistiche”. 
Le conclusioni sulla evoluzione del fumetto e della sua considerazione pubblica come prodotto sottoculturale le lasciamo al singolo lettore. Qui ci limitiamo a ricordare che il Corriere della Sera, come tutti i giornali, da molti anni parla di fumetti con simpatia e competenza, senza pregiudizi. 
Proprio di una protagonista dei fumetti neri, Satanik, il quotidiano milanese è tornato a parlare con una delle sue firme, il recentemente scomparso filosofo Giulio Giorello, che in un pezzo apparso il 14/3/2007 mette insieme Magnus, Bunker, Dante, Wolfgang Goethe, Ezra Pound, Italo Calvino, in un pezzo intitolato “Satanik, il fumetto che ha anticipato la genetica”. 



Sarebbe facile, oggi che il fumetto è insegnato e studiato nelle università, considerare sciocchi certi giudizi apparsi sul maggior quotidiano italiano. Le cose vanno, ovviamente, contestualizzate. Era un’altra Italia; e basta leggere un qualsiasi articolo di cronaca, anche quelli casualmente apparsi a fianco dei resoconti sui processi a Kriminal, per rendersene conto. 
Era, quantomeno e se non altro, un’Italia dove si leggeva.

     "Edicola", di Renato Guttuso



© per il personaggio di Kriminal: Max Bunker
© per l’archivio storico del Corriere della Sera: RCS Mediagroup s.p.a.
© per il testo dell’articolo: Francesco Lentano