domenica 29 maggio 2016

Recensioni/ IL GIUDICE AARON - GOLDEN DOGS, di Griffo & Desberg


Dal giudice buono a quello cattivo.
Nel precedente post abbiamo parlato del Giudice Morris, protagonista di una serie di fumetti americani degli anni Quaranta, magistrato talmente calato nel ruolo da prendere con sé, quasi adottandolo, il figlio di un delinquente che lui stesso aveva condannato all’ergastolo.
Dagli USA alla Francia, dagli anni Quaranta ai giorni nostri, ed ecco in edicola il Giudice Aaron.



L’Editoriale Cosmo sta inondando le edicole con albi a fumetti nel formato che si usa chiamare bonelliano (quello di Tex o Dylan Dog), ma che consistono in “rimpiccolimenti” dei volumi cartonati tradotti dal mercato francese. Qualcuno storce il naso perché auspica che anche da noi si affermi un formato più prestigioso e che renda giustizia ai disegni; qualcuno è contento perché diventano accessibili, a prezzo ridotto, fumetti altrimenti destinati a restar sconosciuti.
Per farla breve, ecco una serie di quattro cartonati, editi oltralpe tra il 2014 ed il 2015, da noi sbarcati in edicola belli e pronti nell’arco di due mesi, con due volumi per albo.
Molto ricca la trama, che quindi rinunciamo a narrare in dettaglio; poiché questo è un blog di fumetto giudiziario, cerchiamo di spiegare cosa centra il giudice.
I Golden Dogs sono una banda di ladri nella Londra del 1830. Siamo ancora lontani dall’epoca che maggiormente viene presa di mira dai fumetti (la vera Londra ottocentesca di Jack lo squartatore, o quella di fantasia di Jekylle Hyde), ma già in piena rivoluzione industriale e in pieno spirito vittoriano. Le disuguaglianze sociali imperano, al mondo dei Lord si contrappone quello degli slums.
La serie, ideata da Stephen Desberg per i testi su disegni di Griffo (ma molto fascino si deve ai colori), parteggia decisamente per i quattro ladri, visti come una sorta di Robin Hood in salsa moderna; il Giudice Aaron, di contro, è raffigurato come il rappresentante di un potere costituito che usa la repressione poliziesca contro coloro che vogliono solo affermare la loro libertà, salvo consentire a nobili depravati di continuare in traffici apparentemente leciti, ma in realtà poco puliti.


Lo spettacolo fumettistico funziona, ma il sottofondo ideologico resta a volte poco coeso. Per chi poi fosse appassionato di temi giudiziari, il nostro Aaron presenta qualche delusione. Non lo si vede mai sul suo scranno di giudice, non vi è accenno ad alcun processo; sembra in realtà una sorta di superpoliziotto, che segue le sue “vittime” sin sulla porta del carcere, quasi avesse avuto un incarico ministeriale e fosse alle dirette dipendenze del sindaco o del Ministro dell’interno.


Non stupisce, poi, che il nostro abbia anche una vita segreta con delle perversioni poco eleganti per un Uomo di legge; del resto, l’intera serie è piuttosto esplicita quando si tratta di mostrare ciò che avviene (o dovrebbe avvenire) in camera da letto.
Nel finale, quando i Golden Dogs sembrano trionfare (ma un tradimento è nell’aria) e Aaron cade in disgrazia, gli autori non risparmiano un po’ di sana ironia.


Insomma un fumetto che si fa leggere, ben costruito, con un buon melange di ingredienti diversi (ah, c’è anche una inaspettata spruzzatina di orrore soprannaturale nel finale), ma che conferma la teoria sviluppata nel libro GIUSTIZIA A STRISCE; e cioè che narrare a fumetti, in modo realistico, la figura del giudice, è impresa piuttosto ardua.




5 commenti:

  1. Rilanciato volentieri su www.afnews.info :-)

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  2. Non sai quanti me ne ha rilanciati di post.

    Zero.

    Se sicuro che quella non fosse la vita tipica di un inglese del 1830? Parliamo dei tempi di Zorro...

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  3. Zorro non aveva bisogno di giudici, gli bastava la spada.

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  4. Storicamente, però, la spada è uno dei simboli della giustizia, insieme alla bilancia. Quindi non c'è contraddizione tra le due cose.
    Quanto a Zorro, non sono preparatissimo; perché non ci fai tu un post, invece di parlare sempre di donnine?

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